Serracchiani: «Un dolore personale questa crisi. Al Paese ora serve compattezza»

L’analisi della deputata Pd: «Esistono i margini d’azione per trovare una maggioranza politica e non solo numerica e farla crescere. Passa da qui anche il rilancio per Trieste. Essenziale la centralità di porto e infrastrutture» 
La deputata Pd Debora Serracchiani
La deputata Pd Debora Serracchiani

TRIESTE È la giornata della Camera e Debora Serracchiani aspetta il suo turno durante la conta per la fiducia al governo Conte. Il momento è solenne per i giallorossi e l’ex governatrice del Friuli Venezia Giulia deve essere attraversata da molti pensieri. Dalla vicinanza allo scontro con Matteo Renzi, dalla critica tagliente all’alleanza con il M5s, dagli attacchi al Conte “leghista” alla necessità di difenderlo. Intanto, fuori da Montecitorio, un paese rivoluzionato in mezza legislatura: un’Italia in sofferenza, messa in ginocchio dalla pandemia e incapace di capire una crisi che di comprensibile ha poco.

«È un passaggio cruciale – dice la deputata – e questo “sì” l’ho dato non senza sentirmene profondamente responsabile: mi sembra l’unica chance per l’Italia. Ho ricevuto tanti messaggi in questi giorni e i più non capiscono la crisi: anche chi ha condiviso i punti sollevati da Italia viva è sconcertato e sgomento». Si ha la sensazione che, dentro le austere stanze della Camera, i parlamentari non se ne curino, ma Serracchiani nega con vigore: «I colleghi di maggioranza e opposizione sanno bene che stiamo attraversando tempi straordinari e che siamo chiamati a decidere sulla vita delle persone. Ma è una settimana che parlo solo della crisi e non di occupazione, come dovrebbe fare la presidente della commissione Lavoro. Ho appena incontrato i sindacati del trasporto aereo ma non basta. Tutto questo mi sconcerta e mi stimola a fare in fretta».

In questi giorni Serracchiani salta da un’intervista all’altra. In televisione è a suo agio e il Pd ne ha fatto uno dei volti pubblici per spiegare la crisi agli italiani. Come sempre in politica, però, c’è pure il retroscena e l’onorevole è attivissima dietro le quinte, dove lavora alla costruzione del gruppo dei Responsabili. Le interlocuzioni sono con gli esponenti di Italia viva: «Con molti colleghi – spiega – ho trascorso un pezzo della mia vita politica. Conosco i loro ideali e il loro travaglio. Ci sono stati confronti per capire il loro punto di vista, discutere di destini politici e di sentimenti personali». Per giorni ha lavorato ai fianchi Vito De Filippo e il “corteggiamento” ha avuto successo: «Aver amministrato una Regione ci fa vedere le cose in modo simile». Non aggiunge altro.

Per garantire la sopravvivenza del governo serviranno i voti, ma per la deputata «non è possibile limitarsi alla maggioranza numerica: ne serve una politica e ci sono i margini d’azione per farla crescere». Fuori dal politichese, significa che per ora va bene passare indenni al Senato, ma poi servirà aggregare un manipolo che garantisca la maggioranza assoluta. Salvezza del paese o ennesimo inciucio all’italiana? Serracchiani sa che il dubbio è maiuscolo: «In tempi normali questo sarebbe stato, ma in tempi eccezionali è il tentativo di superare un momento di difficoltà, inaspettato fino a questi apici. Cerchiamo una soluzione per non mettere in ginocchio il paese, difendere la tenuta dei conti, dare speranza all’economia. Confido nelle sensibilità che sono in Iv e in altre forze. Condivido l’appello del premier Conte e del segretario Zingaretti: da una parte le forze europeiste, dall’altra le sovraniste».

Il discrimine è pure nei confronti di Renzi: «Il rapporto con lui è difficile». Detto da chi fu in prima linea nella nascita del renzismo: «Una storia che non rinnego, perché non rinnego successi e sconfitte. Ma vivo questo momento come un dolore personale: non dovevamo arrivare fin qui, bisognava rilanciare l’azione di governo. Matteo ha fatto un errore politico grave». Alternative a Conte d’altronde non ne vede: «Non possiamo non tenere conto che Conte ora è il punto di equilibrio di Pd, M5s e Leu».

Serracchiani elenca le ragioni dei dem: «Il Pd ha preteso l’incontro dei leader a novembre e insistito perché si ragionasse su programma, Recovery Plan e patto di legislatura. Un percorso interrotto bruscamente. Ora serve quel patto, serve indicare la direzione e Conte ha dato un’identità politica chiara al governo, non nascondendo le criticità, ma rivendicando di aver affrontato una pandemia mondiale con la volontà di tenere assieme i pezzi della società, spingere sulla coesione, garantire gli ammortizzatori sociali, attuare la rivoluzione verde e digitale attraverso il Recovery».

Passano da qui anche le speranze per l’ulteriore rilancio di Trieste e la deputata rivendica la continuità di «un’impostazione nata con il governo Gentiloni, che decise di puntare sui porti di Trieste e Genova. Nel piano si conferma in generale la centralità della logistica, ambito che rende protagonista l’intero Fvg. Tutta la regione sarà collegata al porto e saluto con favore il treno che lo legherà a Pordenone. Ora però la Regione deve ribadire la centralità della linea Trieste-Venezia negli investimenti del Recovery e difendere un asset a rischio come l’aeroporto, che deve essere strategico». —


 

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