Serracchiani: «Regionalismo sotto attacco? Con il sì aumenta la specialità»
TRIESTE. «La riforma costituzionale aumenta la specialità delle Regioni autonome e aumenta per quelle ordinarie la possibilità di chiedere nuove competenze e diventare più speciali. Altro che attacco al regionalismo».
La presidente del Fvg - nonché numero due del Pd nazionale – Debora Serracchiani, nel ribadire le ragioni del sì al referendum difende il riordino promosso dal governo Renzi: «Se non si crede a me, si leggano quei costituzionalisti che sono per il no anche a causa del rafforzamento delle Regioni speciali».
Molte competenze tornano però al potere centrale. Non è centralismo, ma chiarezza. Bisognava stabilire chi fa cosa tra Stato e Regioni, evitando le aule dei tribunali per risolvere le vertenze. Il federalismo di cui si è riempita la bocca la Lega ha fallito: le Regioni ordinarie non hanno saputo cogliere l’opportunità di esercitare le proprie competenze. E su grandi temi come energia, infrastrutture e sanità servono coordinamento e piani strategici nazionali.
Sta pensando al rinnovo del patto Padoan-Serracchiani? Ci stiamo lavorando: ragioneremo sulle competenze che abbiamo e su quelle che vorremmo. Con attenzione alle risorse: sulla sanità si sarebbe dovuto far meglio i conti perché le risorse sono poche.
Dice che il paese è maturo per votare sì: non respira ostilità al governo? Le riforme non sono questione personale o di partito né un voto sull’esecutivo: il paese è maturo per votare non contro qualcuno ma a favore di qualcosa.
Se vince il no cade il governo? Dubito che un governo nato su precise istanze riformatrici possa rimanere in carica, fermo restando che ci sono tutte le condizioni per un esito positivo. Il no fa comodo a chi nell’ingovernabilità e nella stasi mantiene le sue rendite.
Il sì invece rende sicuri contro il terrorismo e fa risparmiare soldi da dare ai poveri: non esagerate con la retorica? Le forzature ci sono da entrambe le parti ma sono molte di più quelle dei sostenitori del no: c’è chi parla di attentato alla Costituzione o di deriva turca per il combinato disposto tra riforma e legge elettorale.
L’Italicum va cambiato? Giusto ieri il ministro Orlando ha aperto su questo fronte... Il referendum non riguarda la legge elettorale, la cui modifica era richiesta da tutti. L’Italicum è l’esito di un lavoro complesso, ma dà stabilità e governabilità. Se ci saranno condizioni e numeri in parlamento siamo pronti al confronto, ma non so se potrà accadere: nessuna proposta alternativa garantisce maggioranze certe.
La minoranza dem subordina il sì al cambio dell’Italicum… Mi pare una posizione complicata da giustificare.
Cosa c’è di buono nella riforma? La riduzione dei costi della politica, più efficienza, semplificazione dei livelli istituzionali, abolizione di enti inutili, cancellazione delle Province. E superamento del bicameralismo perfetto: su 28 paesi europei siamo gli unici ad avere due camere con identica funzione.
Nessun dubbio sul Senato con elezione indiretta? Le regole di designazione sono in discussione e comunque sindaci e consiglieri regionali sono oggi gli unici eletti direttamente dal popolo, visto il meccanismo del Porcellum.
E il metodo? Possibile cambiare la Costituzione a maggioranza semplice? È consentito, se accompagnato da referendum confermativo.
La Costituzione abolisce le Province ma lei si vanta di averlo fatto prima. Ma le Uti non sono un pasticcio? Sono molto fiduciosa invece: i frutti arriveranno nei prossimi mesi. Le funzioni delle Province andavano riassegnate: ci sono stati ritardi ma abbiamo chiuso i piani di subentro e acquisito parte importante delle loro competenze. La riforma era inevitabile: in tutto il mondo i Comuni procedono con fusioni e gestioni congiunte.
E se i riottosi resteranno tali c’è sempre l’obbligatorietà contenuta nel nuovo Statuto... Confido che tutti i Comuni entreranno entro l’anno: bisogna spoliticizzare la materia e pensare all’amministrazione e ai cittadini.
Il 2018 si avvicina. In Fvg il Pd è alleato con Sel e liste civiche: è il modello da seguire? Non ho mai pensato al Pd autosufficiente, anche se nelle nostre corde c’è la capacità di parlare alla maggioranza del paese.
Alle ultime elezioni però avete preso una batosta, senza troppe autocritiche… Ho detto quello che dovevo dire e Renzi ha ammesso pubblicamente la sconfitta.
Il premier manterrà l’incarico di segretario dopo il congresso? Il doppio incarico è utile e va nel solco delle grandi democrazie europee. Il punto è riorganizzare il partito per affrontare le sfide del futuro.
La sfida di Serracchiani sarà a Roma o in Fvg? Abbiamo parlato di grandi temi. I destini personali sono piccole cose (ride).
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo