Serracchiani e il referendum sulle trivelle: "Nessuna incoerenza"

La vicesegretaria del Pd e governatrice del Fvg sulla sua partecipazione nel 2012 a una manfestazione contro le perforazioni: "Raggiunti quegli obiettivi. La consultazione del 17 aprile non riguarda il sì o il no allo sfruttamento dei fondali adriatici. E chi lo dice tenta di strumentalizzare"

TRIESTE Quello del 17 aprile non è un referendum pro o contro le trivelle. È, in sintesi, quanto scrive Debora Serracchiani, vice segretaria del Pd e governatrice del Fvg nel suo blog sulla consultazione referendaria.

Serracchiani ricorda di aver partecipato «nel 2012 a Monopoli a una manifestazione pubblica assieme al partito provinciale di Bari contro la concessione di nuovi permessi per le trivellazioni marine» (fatto che in questi giorni le viene contestato dai fautori del referendum anti-trivelle)  e che, rispetto a quel momento, rivendica «coerenza con le scelte di oggi».

Il tweet del 2012 di Debora Serracchiani rinfacciatole in questi giorni dallo schieramento anti-trivelle
Il tweet del 2012 di Debora Serracchiani rinfacciatole in questi giorni dallo schieramento anti-trivelle

Nella legge di stabilità 2016 in vigore dal 1 gennaio scorso, spiega infatti, «sono state inserite diverse di quelle rivendicazioni per le quali mi sono personalmente battuta». A cominciare dal «divieto di fare nuove trivellazioni» nelle aree marine protette e nel raggio delle 12 miglia dalla costa con blocco di «tutti i provvedimenti concessori dal 1 gennaio 2016, anche quelli già avviati ma non ancora giunti a compimento».

 Tra le altre rivendicazioni già inserite figurano inoltre: declassamento delle attività di trivellazione, non più «carattere strategico, di indifferibilità e urgenza» ma solo «pubblica utilità»; abrogazione della norma che «consentiva al governo di emanare il piano delle aree in cui sono consentite le attività di trivellazione; così regioni e enti locali tornano a avere voce in capitolo con la Conferenza Unificata»; scomparsa della «possibilità di proroga della fase di ricerca degli idrocarburi (6 anni) e della fase di coltivazione degli stessi (30 anni)».

Disposizioni che «hanno consentito il superamento di 5 dei 6 quesiti referendari presentati da alcuni consigli regionali. Il quesito superstite - continua Serracchiani - riguarda solo le trivellazioni già in essere e la durata delle loro concessioni. Per questo non lo ritengo utile, ma anzi suggestivo di creare aspettative distorte nei cittadini».

Ne consegue che il risultato del referendum non scalfisce «l'impegno per una politica energetica nazionale più rinnovabile». La numero due del Pd sottolinea infine il comportamento di chi intende «cogliere ogni occasione per distorcere o strumentalizzare».

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