Serracchiani: «Conte cambi passo. In caso di crisi c’è solo il voto»

La vicepresidente dei dem: «Tocca al premier trovare la sintesi, ma serve più collegialità». Su Renzi: «Noi abbiamo lavorato per un governo autorevole, soluzioni pasticciate non servono»
Serracchiani
Serracchiani

ROMA. Il Pd lavora per superare le difficoltà, ma adesso Giuseppe Conte deve prendere in mano la situazione, sedersi al tavolo della verifica e «fare la sintesi». Debora Serracchiani, vice-presidente Pd, spiega che Nicola Zingaretti è «preoccupato che il Paese perda fiducia nell’azione di governo». Mentre Matteo Renzi insiste a incalzare il premier e Teresa Bellanova minaccia le dimissioni dei ministri Iv, Serracchiani precisa: i democratici lavorano con spirito costruttivo, ma se non si riesce ad andare avanti sulle riforme, sulle politiche attive per il lavoro e non si garantisce una «gestione collettiva» del Recovery fund, è chiaro che «l’unica alternativa possibile è andare al voto».

Stanno per arrivare 209 miliardi dall’Europa, eppure la maggioranza rischia di franare. O forse vacilla proprio perché la gestione dei soldi fa litigare. Cosa si aspetta il Pd dai colloqui tra Conte e i leader?

«Da tempo Nicola Zingaretti dice che così rischiamo di non riuscire più a dialogare con il Paese. Siamo preoccupati che i cittadini perdano fiducia nell’azione di governo e chiediamo una verifica chiara. C’è un tavolo delle riforme, c’è un tavolo economico-sociale dove abbiamo portato proposte concrete, dalla riforma fiscale agli asili nido, fino alla legge elettorale. Chiediamo a Conte di farsi carico di una sintesi su queste azioni che per noi sono fondamentali. Chiediamo un cambio di passo nel governo. Attraversiamo un momento complesso, il Paese ha bisogno di indicazioni chiare».

Il suo partito accusa Renzi di lavorare per “distruggere”. Pensate che il leader di Iv abbia un piano per sostituire Conte?

«Un nuovo governo non si fa da soli. Noi abbiamo lavorato per il “piano A”: un governo autorevole ed europeista. Soluzioni pasticciate non servono al Paese».

Conte si è fatto prendere la mano dall’emergenza e ha pensato di fare tutto da sé?

«Beh, credo che nell’ultima settimana il presidente del Consiglio abbia compreso che nel cambio di passo che abbiamo chiesto con forza deve esserci anche un cambio di approccio. Serve più collegialità, dando piena dignità a ministeri e politica. Devono essere coinvolte anche le parti sociali, il Parlamento e le opposizioni, cosa che abbiamo chiesto per primi. Credo che il premier l’abbia compreso e auspico si impegnerà su queste richieste. Anche perché in queste ore sta affrontando una discussione delicata in Europa: l’Italia deve essere un interlocutore credibile e coeso. Dopodiché il Pd ha anche un’altra preoccupazione: l’Europa manderà i soldi solo se li spenderemo bene. Quindi dobbiamo trovare punti di equilibrio sulle procedure per il controllo della spesa e per la verifica dell’attuazione dei programmi».

Insisterete a chiedere a Conte di rinunciare alla delega ai servizi segreti?

«Su questo siamo assolutamente chiari: abbiamo ritenuto fosse sbagliata la scelta della fondazione. Il presidente del Consiglio ha preso la decisione di tenere le deleghe per sé. Ovviamente su una materia così delicata non può decidere uno solo».

Ma come si esce da questa situazione? È necessario il rimpasto di cui si parla da mesi? O addirittura un “Conte ter”, magari con l’ingresso di Renzi e Zingaretti o Orlando?

«Il Pd lo ha detto: ci si metta a un tavolo e si spuntino i 29 punti del programma di governo, verificando cosa è stato fatto e dove sono gli intoppi. Il premier e la maggioranza facciano la sintesi. Decideremo se va rafforzata la squadra. Ma il problema è chiarire i temi su cui andare avanti».

Avete avvertito Renzi: in caso di crisi si vota. Ma davvero ritenete possibile elezioni in questa situazione?

«Noi stiamo affrontando un passaggio epocale, con difficoltà enormi per il Paese. Serve un governo forte, capace di un confronto anche con l’opposizione e che recuperi un dialogo con la società. Questo è lo spirito con cui il Pd va avanti. Per noi è fondamentale spendere bene i soldi, far ripartire l’Italia e attuare efficaci politiche attive del lavoro. Certo, se queste condizioni non ci sono, nel rispetto delle prerogative del Capo dello Stato, l’unica prospettiva possibile è quella del voto». –


 

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