Sergio e Federica, angeli al fianco dei propri genitori nell’era del Covid
Sergio e Federica non si conoscono. Sono entrambi dei caregiver e in questi mesi hanno vissuto profondamente, anche se con modalità diverse, il lockdown dei genitori anziani. «Mia mamma ha 93 anni e vive a Villa Verde, una casa di riposo privata a Santa Croce – racconta Sergio Rivari, educatore e figlio di Maria Grazia Calcagno –. La mia esperienza, nonostante il dramma che viviamo, è davvero positiva e sono felice di poterne parlare. La struttura è stata opportunamente chiusa alle visite esterne prima ancora dell’entrata in vigore delle restrizioni nazionali. Ricordo che l’ultima domenica in cui ho fatto visita a mia madre, ho parlato direttamente con la direttrice, che mi ha comunicato la volontà di chiudere subito, pur sapendo di poter ricevere alcune lamentele da parte dei parenti e delle famiglie. Lei, che ama le persone che ha in cura, aveva capito subito la gravità della situazione e delle conseguenze che potevano colpire le persone anziane . Finora è andato tutto bene. Certo, ogni volta che sento suonare il telefono provo un po’ di paura, ma poi mi dicono che tutto sta filando liscio».
Un’attenzione della struttura che, riconosce Sergio, è stata notevole fin dal primo ricovero della madre. «Mia mamma spesso è diffidente. Invece, va molto d’accordo con la direttrice e con tutto il personale. Il primo giorno fu un momento di crisi per mia madre e la direttrice rimase a parlare con lei per 4 o 5 ore». Per Maria Grazia la chiusura per Covid-19 è stata comunque un momento non facile. «Mia mamma è abituata ad avere vari contatti sociali: io la vado a trovare due volte a settimana, portandola spesso fuori, e alcune amiche si recano spesso in struttura. Per fortuna è stato possibile fare diverse videochiamate, che facciamo tutt’ora, ogni due o tre giorni, grazie alla disponibilità della casa. A breve avremo la possibilità di vederci attraverso un vetro. Insomma, so che a Villa Verde fanno di tutto per tenere gli ospiti su con il morale. Naturalmente, mi chiedo spesso se potevo evitare che mia madre andasse in casa di riposo, ma credo in certi casi non ci siano soluzioni. Ogni possibilità ha dei pro e dei contro».
Federica Marchi è un’insegnante e assiste i suoi genitori: papà Alberto di 82 anni e mamma Mariangela di 85. «Ho imparato fin da bambina a non aver paura della fragilità. Quando i miei si sono trovati a invecchiare per me è stato naturale fare quello che loro avevano fatto con me quando ero bambina. Da anziani si entra in una fase di bisogno fisico, si ha necessità di qualcuno che ti ricordi di prendere le medicine e che si prenda cura del corpo. Con il lockdown sono franate certe cose, soprattutto è cambiata la rete sociale che faticosamente ci eravamo costruiti: la parrucchiera, il fisioterapista. Ma oltre alla parte fisica c’è anche una parte emotiva di cura.
Devo ad esempio stare attenta che siano sereni o che non si offendano. A volte bisogna dare loro un limite, ad esempio sul cibo, e allora ti chiedi se fai bene o se fai male e un po’ ti dispiace. Sto provando una serie di sentimenti nuovi, come una forte tenerezza nello scoprire in modo semplice delle cose che non avrei mai pensato. In fondo loro sono quelli che ti hanno sgridato aiutandoti a crescere e che oggi hanno bisogno di te. Insomma, sono tornata ad abitare con i miei per aiutarli e sono contenta perché so che qui possono guardare un quadro o una foto e avere dei ricordi. Credo che a casa possano vivere meglio e più a lungo. Credo sia giusto invecchino qui, tra le loro cose. Non sono un’eroina, certo è faticoso, ma vedo che è possibile. La cosa più bella di questi mesi è stata uno scatto d’amore: li ho amati da sempre ma ora che dipendono di più da me, forse, li amo di più».—em.me.
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