Sergio Cofferati: "Fiat, giusto lo scioperoIl caso Fincantieri? Un brutto segno"
Intervista all'ex segretario della Cgil che, sul referendum a Mirafiori, fissato per il 14 gennaio, si schiera con la Fiom. E sul caso Fincantieri: "Brutto segno, non dubitavo che saltassero fuori gli emuli di Marchionne"
Sergio Cofferati
TRIESTE «La Fiom fa bene a non firmare perché l’accordo su Mirafiori lede nel profondo la democrazia. E se anche Fincantieri dovesse muoversi in questa direzione, saremmo di fronte a un segnale bruttissimo. A questo punto penso che le condizioni per uno sciopero generale ci siano proprio tutte». Sergio Cofferati, otto anni e qualche mese dopo aver lasciato la segreteria della Cgil, torna a occuparsi di lavoro, sindacato, relazioni industriali. Lo fa da parlamentare europeo del Pd ma anche da socio fondatore (e motore) di ”Lavoro e Libertà”, l’associazione fondata assieme all’ex rivale Fausto Bertinotti, all’ex collega cigiellino Paolo Nerozzi, oggi senatore del Pd, e a giuristi come Stefano Rodotà e Gianni Ferrara. Un’associazione che più di qualcuno vede come lo strumento per un rientro in grande stile sulla scena del Cinese, dopo gli anni trascorsi a Bologna, da sindaco.
Onorevole Cofferati, nei giorni scorsi ha ripetuto che la Fiom ha fatto bene a non firmare l’accordo per Mirafiori. Perché?
Perché la Fiat, invece di investire su tecnologia e conoscenza, come del resto impongono anche le linee guida prevista dall’Unione europea con l’accordo di Lisbona, punta semplicemente a tagliare il costo del lavoro, andando anche a peggiorare sensibilmente le condizioni materiali all’interno delle fabbriche e andando ad incidere sui diritti di rappresentanza dei lavoratori. Un punto, quest’ultimo, in presenza del quale gli statuti di Fiom e Cgil impongono alle rispettive organizzazioni di non firmare accordi. La serietà e la credibilità di un sindacato si misurano anche con il rispetto che queste hanno delle proprie carte fondamentali.
Però nei mesi scorsi la stessa Cgil ha siglato accordi per i lavoratori della siderurgia, della ceramica e anche della chimica che prevedono una forte dose di flessibilità in presenza di ”esigenze produttive temporanee, tecnologice od organizzative”. Perché in quei casi non sono divampate le polemiche?
Un conto è la flessibilità, un altro l’eliminazione di diritti acquisiti. E comunque è bene non fare confusione: per i chimici, ad esempio, ogni soluzione che porta ad un maggiore uso degli impianti è compensata da una riduzione della fatica e da un aumento dei salari. E anche ai miei tempi, quando per i chimici ho siglato contratti di questo tipo, ricordo bene che c’erano contropartite concrete per i lavoratori senza che nessuno si sognasse di mettere in discussione diritti acquisiti. Oggi, a Mirafiori, ai lavoratori si chiede di lavorare di più senza sostanzialmente nulla in cambio. Anzi, imponendo un peggioramento complessivo dei diritti di rappresentanza, di sciopero e di malattia.
Susanna Camusso sta cercando di mediare e di accorciare le distanze che si sono create attorno alla Fiat. Quale è il suo giudizio su come si sta muovendo il neosegretario della Cgil?
L’approccio morbido della Camusso è positivo. É importante che la Fiom non venga lasciata sola e isolata; senza dimenticare comunque che la Fiom ha ragione. La riduzione degli spazi di democrazia nei luoghi di lavoro normalmente precede una riduzione degli spazi di democrazia nella comunità.
Nel Pd, tuttavia, non tutti sono convinti di questo. Che ne pensa dei diversi punti di vista che si sono formati all’interno del partito Democratico su Mirafiori? Si arriverà ad una sintesi?
Francamente ritengo che sarebbe stato meglio confrontarsi prima in modo da avere oggi una posizione unitaria. Ora, sul fatto che si possa arrivare a una sintesi, sono poco fiducioso perché vedo un approccio rinunciatario nel valutare le cose per quello che effettivamente sono. Certo è che chi, davanti all’accordo di Pomigliano, sosteneva fosse necessario accettare un’anomalia alla luce delle specificità e della storia di quell’impianto, sbagliava. Quello è stato il precedente che ha portato all’accordo di Mirafiori, ancora peggiore, e che porterà, temo, all’apertura di un capitolo molto delicato per la democrazia nei luoghi di lavoro.
Ieri Fincantieri ha deciso di uscire da Confindustria a Genova e Gorizia.L’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, anche di recente ha ribadito la necessità di una nuova stagione di relazioni industriali, in linea con Marchionne.Che ne pensa?
É certamente un bruttissimo segnale perché si strizza l’occhio a un modello di competizione inaccettabile, soprattutto per un gruppo come Fincantieri che dispone di valide alternative per stare sul mercato. Ad ogni modo, non ho mai avuto dubbi sul fatto che di imitatori di Marchionne ce ne sarebbero stati tanti.
La scorsa settimana ha invitato Camusso a proclamare uno sciopero generale, anche se Cisl e Uil non dovessero starci. Perchè?
Perchè credo che le condizioni ci siano tutte, e la questione-Fiom c’entra fino a un certo punto. Confindustria, quindi non la Cgil, ha detto che la disoccupazione crescerà anche nel 2011; nel contempo lo Stato, con i tagli agli enti locali entrati in vigore quest’anno, impedirà a milioni di famiglie di disporre degli stessi strumenti di welfare garantiti fino al 31 dicembre scorso. A me sembra abbastanza per un’iniziativa di questa portata.
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