Serbia, via ai negoziati per l’adesione all’Ue

Sbloccato lo stallo, aperti a Bruxelles i primi due capitoli. Il premier: Belgrado ha ritrovato il luogo al quale appartiene
epa05069161 European Commissioner for European Neighbourhood Policy and Enlargement Negotiations Johannes Hahn (L), Serbian Prime Minister Aleksandar Vucic (C) and Foreign Minister of Luxembourg Jean Asselborn (R) at the start of an EU-Serbia intergovernmental accession conference, in Brussels, Belgium, 14 December 2015. EPA/STEPHANIE LECOCQ
epa05069161 European Commissioner for European Neighbourhood Policy and Enlargement Negotiations Johannes Hahn (L), Serbian Prime Minister Aleksandar Vucic (C) and Foreign Minister of Luxembourg Jean Asselborn (R) at the start of an EU-Serbia intergovernmental accession conference, in Brussels, Belgium, 14 December 2015. EPA/STEPHANIE LECOCQ

ZAGABRIA. «Il 14 dicembre 2015 sarà ricordato come la giornata più rivoluzionaria nella storia recente della Serbia». Il primo ministro di Belgrado, Aleksandar Vucic commenta così l’apertura dei primi due capitoli del negoziato di adesione della Serbia all'Unione europea. «È la fine di un percorso durato due secoli - prosegue Vucic - La Serbia ha ritrovato il luogo a cui appartiene: l’Europa». Gli fa eco il ministro degli Esteri Ivica Dacic «Viviamo una giornata storica».

In effetti Bruxelles ha dato il via a una nuova fase del processo di integrazione europea dell’ex repubblica jugoslava aprendo ufficialmente i capitoli 32 e 25, relativi al controllo finanziario e alle relazioni con il Kosovo. Una tappa importante, che arriva dopo una lunga attesa e un travagliato percorso, per una Serbia in «delicato equilibrio tra Occidente e Russia», come hanno annotato vari media balcanici di recente, quando Belgrado ha ospitato il vertice Osce.

Aspirante già dal 2003, la Serbia ha dovuto aspettare il 2012 per ottenere lo status di “Paese candidato”. A fine 2013 ha sottoscritto con l’Ue l’Accordo di stabilizzazione e associazione, preludio dell’inizio dei negoziati avvenuti ormai quasi due anni fa, nel gennaio 2014. La strada verso l’Ue sembrava in discesa fino a quando ha fatto capolino la “questione kosovara”. Nel dicembre 2014 la Germania suggerisce infatti che i negoziati con Bruxelles inizino proprio dal capitolo 35, quello sulle relazioni tra Belgrado e la sua ex provincia, indipendente dal 2008 ma mai riconosciuta come tale dalla Serbia. Ma “normalizzare” i rapporti con Pristina non è facile e tantomeno popolare. Gli incontri mediati dall’Ue coi rappresentanti kosovari si susseguono, fino alla firma, il 25 agosto 2015, di una serie di accordi “storici” per i due paesi. La loro attuazione rimane da farsi, ma per l’Ue si tratta comunque di una prova di buona volontà di Belgrado.

Il processo di adesione può dunque riprendere velocità dopo settimane di pressing e di schermaglie diplomatiche («L'Ue dica chiaramente se ci vuole o meno al suo interno», diceva a fine ottobre Marko Djuric, il responsabile dell'Ufficio governativo serbo per il Kosovo). «L’apertura dei primi capitoli è il risultato dei progressi compiuti dalla Serbia negli ultimi due anni», riassume ora il ministro degli Interni serbo Nebojša Stefanovic, che cita «la diminuzione di disoccupazione e deficit, le riforme strutturali e la lotta alla corruzione e al crimine», come successi del governo Vucic.

Da Roma un plauso arriva anche dal responsabile della Farnesina, Paolo Gentiloni, secondo il quale l’apertura del negoziato è «un chiaro riconoscimento al profondo e difficile percorso di riforme della Serbia» e «una tappa importante nel suo definitivo rientro nella comune casa europea».

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