Serbia nell’Ue, veto del ministro croato

Il guardasigilli Miljenic: «Prima Belgrado punisca i criminali di Ovcari». Pacificazione difficile. Causa aperta all’Aja
Il quartier generale della Commissione europea, a Bruxelles
Il quartier generale della Commissione europea, a Bruxelles

La cancelliera tedesca Angela Merkel li vuole tutti nell’Unione europea, Bruxelles traccia nuovi corridoi energetici per diminuire la dipendenza dal gas del neozarista Vladimir Putin, ma loro, gli attori principali di questa svolta geopolitica, ossia gli Stati nati dalle ceneri della Jugoslavia che fu di Tito, a parole gridano di gioia per poi tornare subito dopo a litigare.

Perché il nazionalismo, in termini di voti, paga sempre, sia esso di destra o di sinistra, purché tuteli il sacro cuore della Patria. E così se giovedì a Berlino tutti si sono stretti le mani dopo aver sentito l’ecumenico messaggio della Merkel, subito dopo sono iniziate le solite, pericolosissime baruffe. Ad accendere la miccia stavolta è il ministro della Giustizia croato, Orsat Miljenic il quale in un’intervista al Vecernji List alla domanda circa l’appoggio di Zagabria all’adesione della Serbia all’Unione europea ha risposto: «Non possiamo appoggiare l’ingresso della Serbia nell’Unione europea se questa prima non processerà gli autori del genocidio di Ovcari». Ovcari è una delle pagine più buie del conflitto croato-serbo (1991-1995). In questa località che si trova nelle vicinanze di Vukovar, la città martire per antonomasia della Croazia, i serbi nel 1991 trucidarono 264 feriti croati che erano ricoverati proprio nell’ospedale di Vukovar. Ma Miljeni„ non si è fermato qui. «Se noi (si riferisce ai croati ndr.) abbiamo processato i nostri generali non dobbiamo assolutamente permettere che una nazione, che è stata l’aggressore (si rfierisce alla Serbia ndr.) liquidi la questione processando solamente i piccoli pesci dell’esercito». La frittata è fatta. Con buona pace del presidente della Repubblica di Croazia, Ivo Josipovic che riferendosi alla Serbia parla di «coabitazione sicura, stabile e prospera» e si augura che «presto possiamo tutti stare dalla stessa parte del confine europeo e seduti attorno alla stessa tavola comunitaria». E con buona pace del Sabor (il Parlamento croato) che in una dichiarazione sostiene che «la Croazia non provocherà il suo vicino e non gli porrà ostacoli nel processo di adesione all’Ue».

Ma di ostacoli ce ne sono eccome. Primo su tutti quello della definizione del confine lungo il Danubio (tutti finirà in un arbitrato internazionale dicono gli analisti) e poi per la non trascurabile denuncia reciproca di genocidio che giace al Tribunale internazionale dell’Aja. Ma anche l’opposizione dell’Hdz ci mette del suo. Il leader accadizetiano Tomislav Karamarko sempre sulle colonne del Vecernji List ha affermato, questa volta guardando a Sarajevo, che fino a quando i croati in Bosnia-Erzegovina non avranno uguali diritti dei bosgnacchi e dei serbi, Sarajevo non deve iniziare i colloqui per l’adesione all’Ue». I Balcani sono sempre i Balcani.

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