Serbia, i fan del presidente alle urne fra gel, guanti e mascherine

Il timore del virus, mentre i contagi negli ultimi giorni sono tornati a salire, non ha fermato i tanti sostenitori del leader. Ma fra gli oppositori c’era anche chi chiedeva di non legittimare il potere 
epa08500196 A woman wearing a protective face mask casts her ballot at a polling station in Belgrade, Serbia, 21 June 2020. The Western Balkan nation's voters are choosing their representatives in the 250-seat National Assembly. The balloting was originally scheduled for 26 April, but it was postponed due to the state of emergency declared in a bid to contain the spread of the ongoing pandemic of the COVID-19 disease caused by the SARS-CoV-2 coronavirus. EPA/ANDREJ CUKIC
epa08500196 A woman wearing a protective face mask casts her ballot at a polling station in Belgrade, Serbia, 21 June 2020. The Western Balkan nation's voters are choosing their representatives in the 250-seat National Assembly. The balloting was originally scheduled for 26 April, but it was postponed due to the state of emergency declared in a bid to contain the spread of the ongoing pandemic of the COVID-19 disease caused by the SARS-CoV-2 coronavirus. EPA/ANDREJ CUKIC

BELGRADO Quasi tutti con la mascherina - anche se è solo consigliato e non obbligatorio - i più prudenti con i guanti infilati e in tasca i flaconcini di disinfettante per le mani; ma anche tanti senza protezione. Sono in gran parte anziani, ma anche qualche giovane e famiglie con bambini, l’«esercito» di serbi che ieri è andato alle urne per le prime grandi elezioni in Europa dall’esplosione della pandemia di coronavirus. Lo hanno fatto, se sondaggi e proiezioni non mentono - come è stato confermato in serata - in maggioranza per mettere la croce sulla lista “Aleksandar Vučić – per i nostri bambini”, leggi per il Partito progressista (Sns) guidato dal presidente serbo, nelle attese trionfatore alle urne.



Ai seggi c’è il timore del contagio, in un’atmosfera rarefatta e assai diversa dalle precedenti elezioni sia a causa dell’epidemia sia per il boicottaggio del voto deciso dalle opposizioni più radicali anti-Vučić. Ma il timore del virus – che negli ultimi giorni, secondo i dati ufficiali, circola di nuovo in Serbia a livelli preoccupanti - non ha fermato Marija, pensionata, fra i tanti fautori di Vučić e dell’Sns. Il presidente «fa il massimo per il suo popolo, per questo lo voto», dice convinta l’anziana di fronte a un seggio allestito in una scuola di Belgrado, mentre un altro pensionato in fila ricorda «le autostrade che ha costruito, gli ospedali, gli asili», opere tutte volute da Vučić, sostiene. Un altro elettore in là con gli anni, prima di partecipare all’election day che vede l’accoppiata di elezioni politiche più amministrative, fa invece notare che «Vučić e il governo hanno ben gestito l’epidemia, molto meglio di altri Paesi e dell’Italia»: opinione corroborata dalle cifre ufficiali che registrano “soli” 260 decessi per Covid-19 in un Paese di sette milioni di abitanti.

Ma c’è anche chi vota solo per le elezioni locali, per supportare «l’amministrazione che ha fatto tanto per noi», confida Branka da un seggio a Dorcol, fra i pochi quartieri ancora in mano alle opposizioni. Branka ha paura: «Il virus circola troppo e non lo dicono», racconta. Sono opinioni sempre più ricorrenti, a Belgrado. I contagi, da giorni, sono risaliti e veleggiano intorno ai cento nuovi positivi ogni 24 ore: un aumento che preoccupa la popolazione, prima costretta al lockdown ma da settimane tornata nuovamente ai comportamenti pre-coronavirus, tra folle a partite di calcio e matrimoni nelle piazze e vie di città e villaggi.

Va invece tutto bene, bisogna solo stare attenti, ha assicurato il locale comitato di crisi per il coronavirus. Ma si può invece anche boicottare il voto e non legittimare il "regime" di Aleksandar Vučić, come ha chiesto l’eterogenea coalizione di opposizione “Alleanza per la Serbia” (SzS). Il voto «non è regolare, i media sono in mano a Vučić, le liste elettorali non aggiornate», secondo Petar, un impiegato. «Sono tutti ladri, non voto e in più il virus c’è ancora, fra un po’ salta tutto», rincara Dule, titolare di un bar nel centro di Belgrado. «Era meglio spostare le elezioni, l’epidemia c’è ancora», aggiunge uno studente.

Votare ora è «un grande rischio per la salute», ha ammonito l’epidemiologo Zoran Radovanović, precisando comunque che malgrado la crescita degli ultimi giorni la situazione epidemiologica resta sotto controllo.

Intanto un recente sondaggio ha svelato che solo un terzo dei cittadini era a favore dell’organizzazione del voto a giugno, mentre il 70% è ancora spaventato dal diffondersi dell’epidemia. Ma la macchina del voto, riaccesa da Vučić, non si poteva fermare, come il potere di mobilitazione delle masse dell’«Orbán balcanico». Bisogna capire che «le maggiori correnti politiche in Serbia sono screditate, la sinistra porta lo stigma del comunismo, il nazionalismo quello delle guerre perse e della devastazione economica degli Anni Novanta, mentre i liberali hanno avuto 12 anni, dal 2000, per mantenere le proprie promesse e hanno miseramente fallito»: così spiega il successo di Vučić il giornalista serbo Marko Lovric. —

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