Serbia e Bosnia in allerta per il rischio inondazioni
Rapido innalzamento delle temperature con uno sbalzo termico di 20 gradi. Fra lo scioglimento delle nevi e le forti piogge, si teme l’esondazione dei fiumi
BELGRADO. Prima un inverno relativamente mite. Poi, in pochi giorni, gelo siberiano e tanta neve. E ora, con il rapidissimo avvicinarsi della primavera e uno sbalzo termico di venti gradi, il timore di pericolose alluvioni. È il quadro che si sta sviluppando in questi giorni nei Balcani, regione dove – in particolar modo in Serbia e in Bosnia – è ancora vivissimo il ricordo delle terribili esondazioni del 2014 che provocarono danni enormi e duraturi a case, infrastrutture e alle economie locali. E tanti, troppi morti. Il quadro attuale per ora non è ancora da allarme rosso, ma la situazione non lascia dormire sonni tranquilli alle autorità.
Il discorso vale soprattutto per la Serbia, dove si passerà nel giro di una settimana da -15 gradi ai +16 previsti per oggi, aumento di temperatura che accelererà un già «intenso scioglimento delle nevi» che perdurerà fino a venerdì e toccherà a partire da sabato anche le cime più alte, quelle oltre i 1.300 metri, ha informato un’allerta emessa dal Servizio meteorologico nazionale (Rhmz). Il rapido disfacimento del manto nevoso ha già provocato problemi, in particolare nella Serbia meridionale e orientale, area dove è stato decretato lo stato d’emergenza, per i fiumi ingrossati ed esondazioni in zone agricole. Le zone al momento più colpite, e nelle quali sono già state effettuate evacuazioni, sono quelle di Prokuplje, Zajecar, dove l’esercito è stato schierato per rinforzare gli argini del fiume Beli Timok. E poi ancora Zitoradja, Doljevac – dove una dozzina sono gli evacuati a causa di smottamenti - Kruševac, dove l’innalzamento del livello della Morava meridionale è fonte di preoccupazione. La situazione è per ora sotto controllo e «relativamente calma», hanno però garantito le autorità, ma i prossimi giorni saranno delicati, ha previsto Goran Nikolić, uno dei massimi funzionari del ministero degli Interni serbo.
Più a nord, il quadro è, al momento, relativamente tranquillo. Se in Republika Srpska il locale servizio di protezione civile ha assicurato che finora non ci sono rischi di inondazioni, in Croazia - dove da metà settimana è previsto un aumento della portata dei fiumi - già nei giorni scorsi si è iniziato a lavorare per rinforzare con sacchi di sabbia gli argini dei fiumi più “pericolosi”, soprattutto nell’area di Karlovac.
Problemi sono stati segnalati invece in Macedonia, dove i livelli del fiume Treska e di altri corsi d’acqua sono tre volti superiori a quelli di febbraio. In Kosovo sono stati registrati allagamenti nell’area di Prilužje e vicino a Mitrovica, per l’ingrossamento del fiume Ibar. E in Albania, dove le autorità nella parte nordoccidentale del Paese hanno iniziato a rilasciare da lunedì l’acqua in eccesso nei bacini utilizzati per produrre energia elettrica. L’agenzia Associated Press ha segnalato esondazioni nell’area, dove è stato mandato l’esercito. E interruzioni di strade a Obot e nel distretto di Scutari. A preoccupare, tuttavia, è più quello che potrebbe succedere nelle prossime settimane e ad aprile. Sotto osservazione permanente rimangono infatti i due grandi fiumi dei Balcani, Sava e Danubio, al momento ben al di sotto degli argini.
Se lo rimarranno dipenderà dallo scioglimento della neve sulle Alpi e da quanta pioggia cadrà a marzo, un mese molto piovoso, ha già previsto l’Rhmz serbo. «Le riserve di neve sulle Alpi sono allo stesso livello del 2006», anno di grandi esondazioni nei Balcani, ha specificato sempre Nikolic, specificando che il mese chiave sarà aprile e di sperare che non ci sia un «rapido scioglimento» del manto nevoso, associato a forti piogge. Sono queste però le previsioni diramate dai meteorologi del servizo Accuweather, molto citato – con preoccupazione crescente – dai media balcanici in questi giorni. Accuweather che, nelle previsioni a lungo termine per la primavera 2018, ha indicato proprio come «alta» la «minaccia alluvioni» nei Balcani. Dove nessuno si augura di rivedere scene come quelle di Obrenovac finita sott’acqua, nel 2014.
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