Sequestrati 40 mila capi di biancheria intima a Gorizia
GORIZIA L’etichetta parlava chiaramente di articoli “Made in Italy”, realizzati con tessuti apparentemente di ottima qualità. Ma era tutto falso: la merce, migliaia di capi di biancheria intima, proveniva dall’Ungheria.
È quanto ha scoperto la Guardia di Finanza di Gorizia che ha portato a termine, e con successo, un nuovo intervento finalizzato a contrastare il commercio di beni riportanti la falsa indicazione di origine italiana.
Fautori i militari della sezione operativa “Pronto impiego” della Compagnia di Gorizia, i quali, dopo aver proceduto al fermo di un furgone proveniente dalla Slovenia, hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro qualcosa come 6.811 capi di biancheria intima interamente prodotti in Ungheria, ma riportanti sulle confezioni e sulle etichette interne il tricolore italiano e la truffaldina dicitura “100% Prodotto italiano”.
I dettagli dell’operazione
Dalla verifica della documentazione commerciale e di trasporto esibita dal conducente del furgone, bloccato a Gorizia nei pressi del valico di confine di Sant’Andrea, è emerso che i capi d’abbigliamento dovevano essere consegnati ad un’azienda con sede in provincia di Pordenone. Questa li avrebbe, poi, venduti attraverso la propria rete, ubicata tra il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia.
«Le successive attività investigative, condotte attraverso la tempestiva perquisizione dell’azienda importatrice e l’esame delle fatture di acquisto, hanno consentito di sottoporre a sequestro ulteriori 32.563 articoli di biancheria, per un totale di 39.374 prodotti, nonché di accertare che la società pordenonese, a decorrere dal 2013, aveva acquistato dalla società ungherese ed in seguito commercializzato ben 102.624 capi con le medesime caratteristiche di quelli intercettati al confine goriziano», rimarca il comandante provinciale, il colonnello Giuseppe Antonio D’Angelo.
I sequestri e le perquisizioni sono stati in seguito convalidati dalle autorità giudiziarie di Gorizia e Pordenone, mentre una consulenza tecnica disposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone ha confermato la falsa indicazione di origine italiana dei prodotti. Nemmeno la dicitura “100% Prodotto italiano”, ha tratto in errore la Gdf.
Gli atti di accusa
L’amministratore dell’impresa pordenonese si è reso responsabile del reato di “falsa indicazione di origine”, punito fino a due anni di reclusione e con la multa massima di 20 mila euro, mentre la società interessata all’illecito traffico è stata denunciata da parte delle fiamme gialle goriziane per “responsabilità amministrativa”, essendo il suo amministratore autore di una violazione penale che configura la responsabilità dell’ente per gli illeciti dipendenti da reato.
L’attività d’indagine svolta dalla Guardia di finanza di Gorizia rientra - si legge in una nota delle Fiamme gialle - nei costanti controlli sull’origine delle merci importate attraverso i valichi di confine con la Slovenia, finalizzati a tutelare i consumatori e gli operatori economici onesti da coloro che tentano furbescamente di lucrare, utilizzando in modo disonesto l’attestazione di origine italiana.
Una stretta sui controlli
Vigilanza 24 ore su 24. Sulla base di quello che viene chiamato “dispositivo permanente”. È il grande impegno della Guardia di finanza di Gorizia che non sottovaluta l’estrema permeabilità del confine con la Slovenia. Sono stati istituiti anche pattugliamenti in borghese proprio per sfruttare al massimo l’effetto-sorpresa. E i risultati sono molteplici, non ultimo quello del falso Made in Italy. «Effettuiamo - rimarca il comandante provinciale, il colonnello Giuseppe Antonio D’Angelo - vigilanza palese e non palese, analizzando attentamente i flussi. Siamo impegnati nel controllo di un’area di confine dove il contrasto si concentra sul contrabbando, specie di gasolio, nonché sul sequestro di valuta in entrata e in uscita».
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