Sequestrata discarica alla Ferriera
L’accusa: abusiva. In un’area di 23mila metri quadri scarti di lavorazione e macchinari
È sotto sequestro da ieri mattina una vasta zona della Ferriera di Servola. Secondo l’inchiesta che è stata avviata dalla Capitaneria di Porto, l’area che appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica abusiva. Vi sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion. Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato, motori ridotti in pezzi. Tre enormi colline, alte più di 15 metri, nascondono al loro interno altri rifiuti che il carbone, i minerali di ferro e altri materiali di probabile scarto di fonderia, ricoprono completamente.
«Siamo marinai ma per capire cos’è nascosto all’interno di questi cumuli ci siamo arrampicati sulla loro sommità come fossimo alpini» ha affermato uno dei militari dalla «task force» che ieri da terra e dal mare sono entrati nello stabilimento siderurgico.
L’area posta sotto sequestro ha una superficie di circa 23 mila metri quadrati: 150 per 150 metri di lato. Uno dei lati confina con la discarica dello Scalo legnami sequestrata tre giorni fa dal pm Maddalena Chergia. Lo stesso magistrato ieri ha «ratificato» quanto i militari della Capitaneria di Porto avevano fatto di propria iniziativa.
«Dovremo vedere cosa nascondono quei cumuli di carbone e di minerali. Ma anche scoprire cos’è finito in fondo al mare nella stessa zona. Arriveranno al più presto i nostri subacquei da Ancona e inizieranno le immersioni e le ricerche. L’area che ispezioneremo è posta tra la banchina della Ferriera e lo Scalo legnami» spiegano gli ufficiali della Capitaneria che stanno gestendo questa operazione, voluta dall’ammiraglio Domenico Passaro e dal capitano di vascello Felice Tedone. I tempi dell’inchiesta, vista la complessità, non si preannunciano brevi.
Va precisato che l’area sequestrata e subito transennata con paletti e fettuccia biancorossa, non è direttamente coinvolta nell’attività industriale della Ferriera. E la produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né piccolo, così come gli sbarchi sulla banchina. A breve scadenza inizieranno anche le analisi chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli diventati col tempo delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto antiche e di incerta datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno intervenisse. Ora in molti si chiedono perché nessuna delle proprietà che si sono avvicendate sul ponte di comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non ha mai preso l’iniziativa per smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata appartiene al Demanio marittimo. In sintesi allo Stato. La Ferriera l’ha in affitto e paga un canone di concessione.
Ieri gli uomini della Capitaneria di Porto stavano ispezionando l’area poi sequestrata per tutt’altri motivi. Verificavano per conto del pm Federico Frezza la linea di costa e le variazioni intervenute a partire dagli Anni Settanta per mano dell’uomo e delle sue attività industriali. Le Ferriera ha infatti «rubato» al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a otto campi di calcio. In alcune zone la linea di costa è avanzata anche di 75 metri verso il centro del Vallone di Muggia, in altri molto meno. Sono scomparsi del tutto o sono stati ridotti ai minimi termini, una piccola baia e un promontorio. Ma al fenomeno di «crescita», peraltro mai segnalato alle autorità, è interessato tutto il lato a mare dello stabilimento, tranne la banchina dove attraccano le navi per scaricare carbone e minerali.
Per capire cos’è effettivamente accaduto e soprattutto quando la linea di costa ha iniziato a cambiare significativamente il suo profilo, il pm Frezza ha fatto effettuare da tremila metri di quota una serie completa di foto aeree al geologo Franco Coren. Queste foto sono state messe a confronto con altre immagini scattate più di 15 anni fa su iniziativa della Regione Friuli Venezia Giulia. Il confronto ha mostrato le differenze intervenute negli anni ma ora consentiranno una precisa ricostruzione di ciò che è accaduto nell’area sequestrata ieri.
Le immagini sono state infatti scattate ad altissima risoluzione e rivelano una quantità incredibile di dettagli presenti sul terreno. I relitti dei camion, la presenza massiccia delle attrezzature industriali, i bidoni di vernice seminterrati, dovrebbero essere identificabili con una certa facilità. Anche il profilo delle colline così come appare nelle foto antiche e in quelle moderne dovrebbe fornire agli inquirenti indicazioni preziose sui tempi in cui i rifiuti di maggiori dimensioni sono finite in quella discarica a cielo aperto.
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Video