Separazioni in calo, invertita la tendenza: «Effetto della crisi»
Che di questi tempi sposarsi sia un lusso non è una novità. Ma la crisi incide anche sulla volontà di mettere fine alle unioni. Per la prima volta dopo anni di trend positivo, a Trieste infatti le separazioni registrano un calo. Lo testimoniano i dati emessi dal Tribunale, che vedono nell’arco di un anno un ribasso del 4,7%: si è passati dalle 401 separazioni del 2011 alle 382 del 2012. Un dato che non tiene conto del numero delle separazioni fra le coppie di fatto e nemmeno del calo dei matrimoni. Ma l’associazione “Mamme e papà separati" di Trieste lo riconduce comunque anche all’entrata in vigore, alla fine del 2011, dell’obbligo di rivolgersi all’avvocato per le separazioni. In precedenza bastava compilare un modulo senza ricorrere al legale (e dunque alla parcella da pagare).
«È pur vero – mette le mani avanti il presidente dell’associazione, lo psicologo Paolo Falconer - che quest'obbligo è stato introdotto per evitare le separazioni “fai da te”, spesso caratterizzate da accordi poco pratici che alla fine le coppie separate non riuscivano a mantenere». Ma adesso in ogni caso separarsi costa di più. Almeno duemila euro se entrambi i coniugi danno il consenso, non meno di cinquemila se serve una sentenza. Il risultato? Separarsi è diventato più difficile: non perché la coppia decida di provarci un’altra volta, quanto piuttosto a causa dei costi.
Sempre più separati in casa, dunque, con inevitabili ripercussioni sulla qualità della vita (di marito e moglie e dei figli), perché i coniugi sono costretti a stare sotto lo stesso tetto anche se non lo vorrebbero. Che la conflittualità aumenti lo dicono anche i dati. Le separazioni raggiunte solo con la sentenza del giudice sono infatti aumentate del 15% (82 nel 2012 contro le 71 del 2011). Di contro quelle consensuali sono diminuite del 9% (300 nel 2012 contro le 330 del 2011). «Si sceglie di non separarsi perché di questi tempi è sempre più difficile sostenere un altro affitto e gli assegni familiari – continua lo psicologo - C’è comunque anche l’aspetto della “macchina” della separazione: entra in gioco la paura di quello che succederà dopo. Ci sono uomini che preferiscono perdere il lavoro piuttosto che dare gli assegni familiari, concepiti come a vantaggio della moglie invece che dei propri figli. E poi si finisce alla Caritas».
Sempre dalla stessa associazione, la psicologa Paola Matussi parla poi degli «uomini penalizzati, perché di solito spetta a loro uscire dalla casa coniugale e affrontare gli assegni di mantenimento e il diritto di visita ai figli. Anche se l’Imu ha pesato sulle donne, perché è soprattutto a loro che viene riconosciuto il diritto di abitazione nella casa coniugale».
Discorso a parte per i divorzi, aumentati del 13%, dai 362 del 2011 ai 409 del 2012. «In questo caso dobbiamo ricordare che ai divorzi si arriva almeno tre anni dopo la separazione, quindi questo dato si allinea al trend in crescita delle separazioni registrato nel passato – continua la psicologa -. Visto il calo attuale delle separazioni, ci aspettiamo dunque che fra tre anni calino anche i divorzi». Gli ultimi dati vedono i divorzi congiunti crescere del 23% (316 nel 2012 contro i 255 del 2011) e i contenziosi diminuire del 13% (93 nel 2012 contro i 107 del 2011).
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