Sembrava morte naturale, fu omicidio

L’autopsia accertò che si era verosimilmente trattato di uno strangolamento

Classificata come morte naturale il giorno del rinvenimento del cadavere. Eppure mai archiviata. E infatti riesplosa, a distanza di settimane, in una clamorosa inchiesta per omicidio: un’inchiesta divenuta di pubblico dominio sotto Ferragosto. Lo stesso periodo in cui ora, a distanza di due anni, si fa largo la notizia che, per quella morte, c’è un indagato per omicidio. Il vicino di stanza, il collega di Fede. Alla prima “ispezione” di un cadavere - di cui è d’obbligo dar conto alla Procura della Repubblica quando un decesso non avviene da previsioni su un letto d’ospedale piuttosto che al capezzale di una casa - quello dell’anziano sacredote Pino Rocco era infatti sembrato un mero addio alla vita terrena come tanti, certamente non il risultato di un omicidio. Quella mattina di venerdì 25 aprile di due anni fa i sanitari del 118 (intervenuti nella stanza al secondo piano di via Besenghi dopo che attorno alle sette la perpetua badante settantaduenne Eleonora “Laura” Dibitonto aveva trovato esanime don Rocco nella sua camera ed era stata raggiunta proprio da don Piccoli per la benedizione della salma) non avevano riscontrato stranezze e avevano constatato il decesso dell’ospite della Casa del Clero. A stravolgere un caso che pareva chiuso fu però il successivo esame necroscopico più approfondito, pre-sepoltura, altrettanto di prassi in questi casi, dopo che il cadavere era stato trasferito in una cella frigorifera dell’obitorio del cimitero di Sant'Anna, in vista delle celebrazioni funebri. Lì emersero le prime incongruenze, i primi sospetti, di cui fu subito informata una seconda volta la Procura.

A quel punto il pm Matteo Tripani dispose un’autopsia d’ufficio, affidandola all’esperienza del medico legale Fulvio Costantinides, il quale raggiunge la conclusione che don Rocco era stato verosimilmente strozzato, strangolato. La rottura dello “ioide” ne doveva essere la riprova. Automatica, di conseguenza, l’apertura di un fascicolo per omicidio, allora a carico di ignoti.

Il 17 maggio, quindi, nella Chiesa di Santa Teresa del Bambino Gesù di via Manzoni, dove don Pino in passato era stato a lungo parroco, l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi in persona celebrò le esequie, con tanto di esposizione della salma. Nessuno o quasi, all’epoca, fece caso a quelle tre settimane passate dal decesso al funerale. Furono proprio le tre settimane in cui, da presunta morte naturale, la fine di monsignor Giuseppe Rocco salì in ambienti investigativi al “rango” di possibile omicidio. Per stringere però il cerchio dal novero originario degli “ignoti” - e trovare un potenziale colpevole - ce ne sarebbe voluto ancora molto, di tempo.(pi.ra.)

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