Seicento senzatetto nei dormitori pubblici

Bilancio del piano comunale “Emergenza freddo”. In un anno accessi lievitati del 25%. Tanti i giovani tra i 18 e i 35 anni
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Sale la temperatura atmosferica, si spengono gli impianti di riscaldamento e anche il progetto “Emergenza freddo 2014-2015” varato dal Comune di Trieste, in favore delle persone senza fissa dimora, può venire archiviato. Durante i quattro mesi di intervento, a partire dal primo di dicembre e fino alla fine del mese di marzo, sono state registrate 9531 accoglienze complessive, con una media di 80 persone accolte ogni giorno.

Oltre a un posto letto, alle persone che si sono spontaneamente rivolte alle strutture di riferimento, sono andati un pasto caldo per la cena e una colazione per il mattino successivo. Ma quanti senzatetto hanno usufruito di questo servizio? Sono state 608 le persone che hanno bussato alle porte dei dormitori e delle case di accoglienza predisposte per queste situazioni emergenziali: quasi tutti maschi, con una presenza di sole 39 donne (il 6,5% del totale). La fascia d’età più rappresentata è stata quella fra i 18 e i 35 anni (426 persone), mentre sono state accolte solamente 23 persone con più di 60 anni. Il confronto con i dati dell’anno passato ci consegna una fotografia abbastanza impietosa del fenomeno. Lo stesso piano del Comune, nel corso dell’inverno precedente, aveva infatti fornito assistenza a 489 persone. Si tratta di una variazione positiva che sfiora il 25% e che conferma i dati preoccupanti rilasciati dall’Istat nel 2012, a seguito dell’ultima indagine che aveva permesso di censire 50mila senzatetto in tutta Italia.

I numeri, in questi ultimi tre anni, sono decisamente lievitati, grazie alla complicità della crisi economica e dei conflitti internazionali che hanno contribuito ad alimentare la fuga di disperati verso il continente europeo, alla ricerca di una protezione umanitaria. Nelle strutture triestine sono stati accolti una quarantina di italiani, oltre a un centinaio di stranieri provenienti dai Paesi della Comunità europea. La maggioranza degli interventi, però, è andata in favore di persone extracomunitarie, per lo più provenienti dall’Afghanistan. Il sistema di accoglienza ha retto egregiamente, anche se quasi sempre si è registrato il poco invidiabile traguardo del tutto esaurito. Lo stesso Comune di Trieste, per far fronte a questa impennata di bisogni, ha dovuto prevedere un aumento di spesa di 20mila euro, facendo salire il costo dell’intero progetto a 100mila euro.

L’apertura di un Help Center, come previsto dall’accordo siglato a settembre fra il Comune e Rfi-Rete ferroviaria italiana, avrebbe potuto dare ossigeno alle altre strutture cittadine congestionate: la gestione del locale di 34 metri quadrati, con accesso da viale Miramare, è stata affidata, tramite un apposito bando, al consorzio triestino Interland, con le cooperative La Quercia e Duemilauno Agenzia Sociale. Gli spazi in questione, però, necessitano di alcuni interventi di ristrutturazione che rimangono vincolati all’ok della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici, in quanto al comprensorio della stazione ferroviaria viene riconosciuto un valore monumentale. «La situazione dei senza fissa dimora - spiega don Alessandro Amodeo, direttore della Caritas diocesana - rappresenta un indicatore sociale attendibile e qualifica ulteriormente l’emergenza abitativa che viviamo anche in questa città».

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