Seghene: «Le mie colpe? Dovevo controllare di più»
Non si sente l’eminenza grigia di cui la gente parla e la Procura scrive. Altro che occulto signore degli scaffali, dirigna i denti maledicendo, anzi, il fatto di non essersi fatto a sufficienza gli affari delle Coop operaie. Augusto Seghene racconta al Piccolo la sua verità. Punta il dito sui contras, rei a suo modo di vedere di aver fatto bruciare 80 milioni di prestito sociale. Rassicura i risparmiatori, che secondo lui rivedranno i loro soldi in un paio di mesi. E si fa la domanda, retorica evidentemente, dal suo punto di vista: perché la Procura ha chiesto il fallimento alla vigilia della presentazione del piano anti-crisi?
Dottor Seghene, si riconosce nella definizione di presunto uomo-ombra?
No, non sono un uomo-ombra, io sono presente all’interno delle cooperative in vari ruoli, che possono essere documentati. Ho degli incarichi che attualmente sono la presidenza di Reparto 7, partecipata al 40% delle Coop operaie, e un posto nel Consiglio nazionale di Federconsumo, l’associazione di Confcooperative che organizza le cooperative di consumo.
Quindi ha titolo per parlare delle Coop operaie?
Certo. Oltretutto sono un socio attivo, mi sono sempre interessato dei problemi delle Coop, condividendone successi, amarezze e momenti difficili come questo. Non capisco perciò dove starebbe l’ombra.
Non ha incarichi nella capogruppo ad esempio.
Mica si può fare tutto. Ognuno ha un ruolo, lo svolge e ne risponde.
Quale responsabilità allora sente di avere rispetto alla situazione attuale?
La responsabilità di avere partecipato alla vita delle Coop, alcune volte condividendone scopi e risultati, altre volte meno. Mi ritengo assolutamente dentro, insomma, non è che io mi tiri fuori.
Quindi in questo momento si assume parte delle responsabilità di ciò che è successo?
Ritengo sia inaccettabile che si distribuiscano responsabilità senza che si sia svolta un’analisi su tutte le vicende, che derivano prima da una crisi di carattere generale, che riguarda tutto il mondo delle cooperative e non solo delle Operaie, e poi probabilmente anche da problemi di gestione che forse potevano essere governati in un altro modo. Ma questo è un problema di chi gestisce, di chi si muove concretamente, non è il problema di chi sostanzialmente dà indicazioni di carattere politico-generale.
Lei dunque assolve il presidente Marchetti e dà la colpa all’ex dg Della Valle?
Non assolvo e non condanno Marchetti. Chiariamo. Marchetti è amico mio da trent’anni, abbiamo un rapporto continuo. Però lui ha il suo ruolo, e io il mio.
Si dice Marchetti sia arrivato alla presidenza delle Coop perché l’ha voluto lei.
Se io avessi questa capacità, forse mi potrebbe far anche piacere, ma non è così. E quelli che c’erano prima di Marchetti, chi li ha voluti? Bosio, Parma... Li hanno voluti sempre i soci. Significa insinuare che i soci possono essere eteroguidati.
Quali responsabilità attribuisce a Della Valle?
Questo dovrà essere verificato quando si faranno le analisi delle gestioni. Ha le responsabilità che spettano a un direttore generale, Marchetti ha le responsabilità di un presidente e... Seghene ha le responsabilità che spettano a Seghene.
Quali sono allora le responsabilità di Seghene?
Forse quelle di non essersi interessato a fondo delle Coop.
Sente che avrebbe dovuto fare di più?
Sì, col senno del poi sì.
Alla luce del commissariamento avevano ragione i contras?
Avranno avuto ragione, secondo il loro giudizio, a contestare l’andamento delle Coop. Ma secondo me hanno avuto torto quando non hanno presentato alcun progetto alternativo. Il loro progetto era solo sostituire il gruppo dirigente. Però loro, assieme ad altri, hanno fatto danni terribili perché, pur di dimostrare la presunta incapacità dei dirigenti, hanno screditato le Coop.
Come?
Ne hanno parlato in un modo tale da mettere in discussione il prestito sociale, tanto è vero che ad ogni articolo di stampa che riferiva le loro posizioni corrispondeva un prelievo tra i tre ai cinque milioni. Tutta quest’opera ha fatto sì che nel corso di quattro anni siano usciti dal prestito sociale 80 milioni. Da 180 a 100, sostanzialmente.
E adesso questi 100 milioni ci sono sì o no?
Certo che sì, i prestatori non devono aver dubbi. Il prestito sociale è sistemato attualmente per circa il 40% in titoli allocati in Banca Generali e per il 60% in immobili. Sono stati investiti insomma, com’è nell’ordine delle cose. Mica si tengono in cassetto. Nessuna banca, nessun istituto assicurativo, se avesse subito l’attacco subito dalle Coop operaie, sarebbe riuscito a rimborsare nell’immediato più del 10%.
Quindi i risparmiatori dovrebbero avere pazienza?
Per le informazioni che ho io, e credo di essere abbastanza aggiornato, il prestito sociale non corre alcun pericolo. Io credo che con le azioni che si stanno sviluppando questo potrà essere liquidato in un paio di mesi.
Parlavamo dei suoi ruoli nelle partecipate. Non era anche presidente della società di gestione dell’ipermercato di Fiume?
Non più.
Chi è il presidente ora?
Non esiste più. È stato abolito il Cda. C’è solo un direttore, ne sono susseguiti diversi negli anni. Adesso non lo so, probabilmente il direttore generale delle Coop sarà stato anche il direttore lì.
Quindi Della Valle?
Sì, e prima di lui anche Canciani credo.
È vero che Reparto 7 è fornitore di ortofrutta in esclusiva delle Coop operaie?
Sì.
E perché?
Reparto 7, oltre a frutta e verdura, fornisce anche il servizio. I negozi ordinano a Reparto 7 quello che serve, la sera c’è una cooperativa che fa la ventilazione, cioè la sistemazione delle merci, e al mattino presto viene consegnato quanto dovuto.
Che trattative erano in corso con le coop rosse prima dell’intervento della magistratura?
Le Coop operaie si sono rivolte all’Accda, l’Associazione cooperative consumatori distretto adriatico, che ci ha detto che era meglio definire un nuovo rapporto del prestito sociale: 80% facilmente liquidabile e 20% in immobili. Si è studiata la costituzione di un fondo immobiliare con le tre grosse cooperative emiliane, Coop Nordest, Coop Estense e Coop Adriatica, le stesse Operaie e la Friulia, il cui scopo era solo quello di riequilibrare quel rapporto.
Poi?
Si è parlato di risistemare l’assetto. Dalle Torri in avanti le Operaie sono sempre state sovradimensionate. Il fatturato attuale è di circa 120 milioni, la struttura organizzativa non è sopportabile. Di ciò erano consapevoli un po’ tutti, ma ogni volta in cui si pensava di fare qualcosa prevaleva l’aspetto sociale su quello economico, cioè non licenziare.
È vero che lei ha affiancato Marchetti nella trattativa con le Coop Nordest?
Verissimo.
A quale titolo?
Come componente e socio attivo delle Coop operaie.
Pensa che la trattativa ora possa essere inficiata?
Mi auguro che l’autorevolezza del Tribunale riesca a mandare avanti questo tipo di piano. Il problema, e l’ho detto ai contras, non è chi governa le Coop ma salvare le Coop.
Non è troppo tardi?
Non è mai troppo tardi se c’è la volontà di fare. Mi tocca però rilevare che è stata fatta, per lo meno in precedenza, una politica di denigrazione delle capacità delle Coop di rispondere agli impegni, in particolare sul prestito sociale. Parlo dei contras, ma anche di altri.
Altri?
Basta rileggersi i giornali.
Quindi sarebbe colpa di giornalisti, contras e magistrati?
Non dico questo. I giornalisti, ad esempio, secondo me hanno la colpa di non vedere fino in fondo cos’è successo.
E cos’è successo?
Che a due giorni dalla presentazione del piano finanziario c’è stata la richiesta del fallimento.
Il Piccolo l’ha scritto.
Sì, l’hanno notato anche nel mondo economico. Fatto abnorme.
Cosa ci sarebbe dietro?
Di solito il fallimento avviene perché uno ti mette in mora. Non mi risulta ci siano stati creditori che l’abbiano fatto.
Ma è nelle prerogative della Procura presentare un’istanza di fallimento.
Certo. La Procura può chiedere quello che vuole. Poi il Tribunale fa quello che deve fare.
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