«Seganti unica regista del contratto Rtl»

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna dell’ex assessore per abuso d’ufficio. Il legale: «Linea non condivisibile»
Di Gianpaolo Sarti

TRIESTE. Per Federica Seganti, condannata nel marzo scorso a 8 mesi di reclusione (pena sospesa) e a 20mila euro di risarcimento a Regione e Turismo Fvg per il maxi-spot su Rtl costato 450 mila euro, arrivano le motivazioni della sentenza. L’ex assessore della giunta Tondo «ha evidentemente dato l'ordine di dare corso alla proposta contrattuale che in seguito ha saputo sfruttare anche a fini di immagine personale». Così il Gup del Tribunale di Udine Paolo Lauteri sulla clamorosa vicenda partita nel luglio 2011 dopo che la Regione aveva stipulato con l’emittente un contratto per la promozione turistica del Fvg. Un accordo privo di una regolare gara d’appalto, tanto da innescare l’inchiesta della magistratura sfociata nella condanna per abuso d’ufficio e danno di immagine.

L’avvocato difensore, Marco Vassallo del Foro di Venezia, respinge le affermazioni del Gup: «Non le condivido minimamente», dice. Dall’indagine erano invece stati assolti “per non avere commesso il fatto” sia Massimo Lombardo, l’amministratore dell’agenzia Alan Normann Comunicazioni che secondo le ipotesi poi giudicate infondate avrebbe giocato un ruolo di “mediazione non ufficiale”, e Valentina Visintin, a capo della segreteria dell’ex assessore leghista. Per i due il pm Marco Panzeri aveva domandato, come per l’assessore, un anno di reclusione; ciò perché si riteneva che, nel formalizzare l’intesa con la radio, sia l’assessore, sia la segretaria e sia l’agenzia agirono “con dolo intenzionale” facendo prevalere l’interesse privato su quello pubblico. Invece l’unica a essere stata giudicata colpevole è Seganti, che dal canto suo tre anni fa si difese sostenendo che «non rientrava» nelle sue competenze individuare le procedure amministrative.

Le ricostruzioni del giudice sulle responsabilità della leghista, contenute nelle motivazioni della sentenza, sono circostanziate. L’ex assessore ha ordinato di «dare corso» al contratto che ha poi «ha saputo sfruttare anche a fini di immagine personale». Rinviato a giudizio l’ex dg di Turismo Fvg Andrea Di Giovanni , «che aveva la competenza istituzionale di impegnare i fondi», rimarca il Gup. Di Giovanni «ha preso atto (delle direttive di Seganti, ndr) e firmando la delibera di approvazione ha finito per esporsi in prima persona». Un ruolo comunque «passivo», ristretto a «esprimere un parere di congruità del progetto senza fare alcuna analisi tecnica ed economica della richiesta e senza prendere alcun contatto con i soggetti proponenti». È stato allora l’ex assessore, insiste il giudice, ad avere indotto Di Giovanni «ad agire al di fuori delle norme». Per affidare la campagna all’emittente la leghista ha usato inoltre il fondo per i grandi eventi e non quello, più limitato, previsto per le attività promozionali della Regione. Con l’utilizzo dei fondi di altri capitoli, «si è evidentemente intenzionalmente procurato un danno all’amministrazione regionale». E, ancora, «è una dato di fatto che qualcosa ha indotto l’organo più alto dell’azienda turistica a comportarsi da mera testa di legno. L’unica spiegazione logica – continuano le motivazioni – si ha solo configurando una pressione di Seganti» che in questo modo «ha trovato il sistema per farsi vedere, ritagliandosi spazi che vanno al di là delle competenze istituzionali».

Per la diretta interessata, irraggiungibile telefonicamente, risponde l’avvocato. «So che la sentenza è stata depositata venerdì mattina e quindi non posso dire ancora niente perché non l’ho vista. Ma, da quanto mi viene riferito – spiega Vassallo –, sono passaggi che non condivido perché sono smentiti dalla prove del processo. Dire che sarebbero provate in termini logici le pressioni nei confronti di Di Giovanni è una constatazione smentita proprio da lui. Non c’è nemmeno una posizione per cui potrebbe essere stato interessato ad accondiscendere alle indicazioni di Seganti – conclude l’avvocato – anche perché non sarebbe stato confermato come direttore. È quindi una sentenza che si fonda su deduzioni disancorate dalle prove».

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