Se Trump boccia la ricerca è solo colpa della politica?

Di chi è la responsabilità se il presidente degli Stati Uniti d'America assume posizioni anti-scientifiche
epa05832223 US President Donald J. Trump gestures after disembarking Marine One walking on the South Lawn towards the Oval Office of the White House in Washington, DC, USA, 05 March 2017. Trump returned to Washington from a weekend at his Palm Beach. Florida, Mar-a-Lago club. EPA/ERIK S. LESSER
epa05832223 US President Donald J. Trump gestures after disembarking Marine One walking on the South Lawn towards the Oval Office of the White House in Washington, DC, USA, 05 March 2017. Trump returned to Washington from a weekend at his Palm Beach. Florida, Mar-a-Lago club. EPA/ERIK S. LESSER

In occasione del meeting annuale dell'American Association for the Advancement of Science - la più estesa organizzazione scientifica al mondo, che raggruppa 262 società affiliate e accademie scientifiche e pubblica la rivista Science -, un vasto numero di scienziati, giornalisti e policy maker si sono riuniti a Boston per capire come la ricerca possa sopravvivere negli Stati Uniti nell'era dell'amministrazione Trump. Le risposte sono state le più variegate, dall'esigenza di migliorare la comunicazione a quella di un acceso attivismo politico da parte degli scienziati stessi.

Ma prendere Trump come bersaglio, oppure biasimare l'ignoranza dei partiti populisti qui in Europa, non servirà a molto. Anziché criticare le posizioni antiscientifiche dei leader politici, gli scienziati farebbero meglio a chiedersi come convincere le decine di milioni di cittadini che questi leader li votano che investire nella ricerca è importante. L'argomentazione finora favorita, ovvero che la ricerca di base genera scoperte inaspettate e importanti, non sembra tenere più. È vero che la penicillina, i laser, i raggi X e l'insulina ricombinante sono tutti esempi di come la ricerca apparentemente senza scopo possa produrre avanzamenti essenziali.

Ma come giustificare, nei confronti del cittadino comune, l'investimento di quasi 5 miliardi di euro per l'Lhc al Cern di Ginevra, o di 1 miliardo per il Flagship project sul grafene della Commissione Europea? O come combattere la sensazione che i 3 miliardi di dollari pubblici spesi per il Progetto Genoma Umano abbiano fatto solo arricchire le case farmaceutiche che generano farmaci costosi?

La realtà è che la scienza deve tornare a essere più vicina alla società e alle sue necessità. Il cittadino comune ha bisogno di risposte immediate ai propri problemi di salute, di benessere quotidiano e, nella maggior parte del mondo, di cibo e farmaci. Oltre che giustamente protestare contro i populismi di turno, gli scienziati dovrebbero anche trovare un giusto equilibrio tra ricerca di nicchia e ricerca che risolva i problemi importanti, e di conseguenza dedicare le risorse disponibili in maniera responsabile e condivisa con la società.

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