Se la Lega diventa europeista e filoatlantica

Evapora l’idea di rivoluzione permanente dei 5S, alle prese con la gestione della realtà e delle necessarie mediazioni della politica. E cambia natura la Lega, che si sta spostando da Salvini a Giorgetti-Fedriga-Zaia

TRIESTE Con la speranza, eternamente disattesa, che le cose possano cambiare, c’è da guardare con curiosità, non potendo dire con ottimismo, alle vicende della politica italiana di queste ore. Si stanno compiendo la dispersione di alcuni fenomeni gassosi e la trasformazione di altri, troppo solidi, in nuovi elementi. Evapora l’idea di rivoluzione permanente dei 5S, alle prese con la gestione della realtà e delle necessarie mediazioni della politica. E cambia natura la Lega, che si sta spostando, lentamente, troppo lentamente, da Salvini a Giorgetti-Fedriga-Zaia.

È ancora presto per tirare conclusioni, soprattutto per comprendere quanta parte dei 5S svanirà nel nulla e quanta resterà quando si tornerà a votare. Sembra più facile da individuare la traiettoria dei leghisti i quali, amministrando ormai da molti anni larga parte del Paese che conta, non vogliono rimanere tagliati fuori dalla gestione dei fondi europei cui i loro territori aspirano.

Né si poteva immaginare, neppure dentro il Pd, che Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia non fossero protagonisti attivi, assieme al governo, dei piani della Ue. La Lega deve farsi europeista, pro-euro e filoatlantica, lasciando a FdI l’area simil Marine Le Pen che prende i voti ma non governa. Non è un passaggio facile. La base non è coesa e il corpo dirigente teme di manifestarsi perché, è noto, con Matteo Salvini non si scherza: chi è poco in linea col pensiero del Capo è fuori.

E il Capo si riposiziona in maniera repentina e con una tale frequenza che stargli dietro è arduo. Su di lui incombono stavolta responsabilità immani, l’inizio di un percorso che restituisca all’Italia due blocchi, conservatori da un lato e progressisti dall’altro, con il Pd saldamente alla guida di questi ultimi. Anche Zingaretti ha iniziato a traghettare la sua gente e pure quello è un campo politico da rimarginare.

Con Draghi è giunta l’occasione che mancava a entrambi gli schieramenti per ricominciare a pensare al futuro. Al nostro, non al loro.
 

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