Scuola, vaccini e diritto alla privacy
TRIESTE Sentendo Mario Draghi annunciare la necessità di vaccinare tutti, vaccinare presto, vaccinare ovunque, m’ero prefigurato, come molti fra voi, una repentina accelerazione. Nelle scuole, soprattutto. Gli insegnanti si erano vista offerta, col supporto della Regione, l’iscrizione alle liste e, insomma, pareva tutto così funzionale, preciso, logico che anche il più ipercritico verso l’elefantiasi statale poteva trarne un po’ di speranza.
L’esaltazione è durata lo spazio di poche ore. Che gli insegnanti si potessero rivolgere alle segreterie delle scuole e che poi queste provvedessero a informare l’assessorato alla Sanità e, magari, farsi vaccinare negli istituti, è sembrato troppo efficiente. Un ricorso, una circolare del Ministero, un rapido annullamento dell’operazione. C’è la privacy di mezzo. Tutto vero, ci mancherebbe. Il risultato è che gli insegnanti dovranno iscriversi come tutti gli altri, mettersi in fila e attendere.
Non è un grande guadagno, nemmeno se i legulei possono godere per la privacy rispettata. Vanno comprese le ragioni dei ricorrenti, certamente. Si tratta di capire, però, quali sono le priorità ora. In situazioni eccezionali vanno organizzate prassi non usuali e non riesco davvero a comprendere in che maniera si potessero ledere i diritti alla riservatezza degli insegnanti, dato che l’iscrizione era volontaria. È mancato un po’ di senso pratico che avrebbe permesso di accorciare i tempi e aiutare la scuola a continuare con più sicurezza le lezioni in presenza.
La Regione non ha competenza primaria, non ancora, sulla scuola e deve, pertanto, soggiacere alle disposizioni statali. Mi chiedo, però, se questa non possa essere una buona battaglia da condurre contro una gestione puntigliosa dei dati che sfiora il fanatismo soprattutto nelle questioni marginali, mentre lascia piena facoltà al saccheggio quotidiano di informazioni personali sui network più cliccati. —
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