«Scuola di Farra, sberle prassi normale»

Gli inquirenti: «I bambini, quando commettevano un errore, si coprivano la testa perché sapevano cosa rischiavano»
Di Francesco Fain
Bumbaca Gorizia 10.02.2017 Scuola elementare Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 10.02.2017 Scuola elementare Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

FARRA. «Era diventata quasi una prassi, una modalità normale. Tant’è che i bambini, ogniqualvolta commettevano un errore, si coprivano istantaneamente la testa perché erano consapevoli che potevano rischiare di ricevere qualche sberla».

Questo si vedrebbe nelle immagini delle telecamere installate all’interno di una delle classi della scuola elementare “Pitteri” di Farra d’Isonzo. Immagini che non vengono rese pubbliche.

A descriverle gli inquirenti stessi che parlano di «quadro molto chiaro» ai danni della maestra sospesa dall’esercizio del pubblico servizio di insegnante per sei mesi. «Si era instaurato, quasi fosse una prassi, un comportamento a dir poco scorretto da parte dell’insegnante che ha avuto strascichi di natura penale».

La denuncia

di due mamme

La maestra, attorno alla cinquantina, viene descritta come «un’insegnante dalla grande esperienza e con molti anni di servizio alle spalle». Peraltro, svolgeva le mansioni di fiduciaria ed era un punto di riferimento importante alla Pitteri.

I fatti che le vengono attribuiti risalgono a quest’anno scolastico. Tutto è nato dalla segnalazione di due madri che avevano percepito dai loro bambini una situazione di disagio. Peraltro, c’era già stata una conseguenza diretta perché, negli ultimi tre giorni, uno dei bambini non frequentava più le lezioni per paura dei maltrattamenti.

Le mamme, a quel punto, hanno coinvolto la compagnia dei carabinieri di Gradisca d’Isonzo. «Sono venute a confidarsi», spiegano. Quasi istantaneamente è partita l’attività di indagine con la sistemazione di una serie di telecamere, abilmente occultate, nella classe. «Nulla esclude - rimarcano gli inquirenti - che questo tipo di comportamento sia stato adottato anche nel passato anche se le indagini vertono su quest’annata scolastica. Quello che stupisce è che a seguito di semplici errori nello svolgimento di un compito o rispondendo a un quesito, volavano gli scappellotti. Era diventata quasi una modalità normale». Le immagini, insomma, testimonierebbero più casi. Tant’è che si parla espressamente di «atti reiterati». Anche ieri mattina, fra le mamme (non quelle che hanno presentato denuncia in quanto rimangono anonime) dominava l’incredulità per i fatti emersi. E nei prossimi giorni ci potrebbe essere anche una loro uscita pubblica: insomma, vorrebbero dire la loro ma con modalità e tempistiche che saranno scelte da loro. Nel frattempo prosegue, nella più assoluta riservatezza, la raccolta delle testimonianze per completare il quadro.

Atteggiamenti

aggressivi

Gli sviluppi delle indagini vengono forniti dal tenente Marco Quercig, comandante della compagnia di Gradisca d’Isonzo. Che ripete, per il resto, quanto emerso già ieri. E ribadisce, in particolare, che l’attività investigativa «ha permesso di acclarare un atteggiamento aggressivo dell’educatrice». La docente aveva instaurato nella classe un clima definito dagli inquirenti «mortificante ed insostenibile (concretizzatosi in minacce, epiteti offensivi, ceffoni sulla nuca, urla, umiliazioni), quale reazione a fronte di comprensibili errori commessi dai bambini nello svolgimento dell’attività didattica. Inoltre, la difficile situazione creatasi all’interno della classe aveva spinto i piccoli alunni a mantenere, durante le ore di lezione, un “timoroso silenzio” per paura delle ritorsioni dell’insegnante». Tale clima, rimarcano gli inquirenti, avevano finito con il «causare, tra i più sensibili, un crescente stato d’ansia, tale da far loro manifestare la volontà di non partecipare alle lezioni».

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