Scuola, danni ingenti al Carli: è caccia ai vandali
Servizi igienici intasati e messi fuori uso. Distributori automatici di bibite e merendine squarciati con violenza e fatti a pezzi. Porte e finestre distrutte. Ma non solo. Questo lo scenario che si è materializzato davanti agli occhi di chi, lunedì mattina, ha varcato la soglia della scuola di via Diaz
TRIESTE.
Escrementi umani e animali sparsi lungo i corridoi, le aule, nell’ascensore. Servizi igienici intasati e messi fuori uso. Distributori automatici di bibite e merendine squarciati con violenza e fatti a pezzi. Molte finestre, porte, serrature, banchi, sedie, armadi e telefoni, rotti. Una fotocopiatrice spaccata e riempita di caffè. Estintori aperti e svuotati della polvere interna, sparsa ovunque. Muri imbrattati. Acqua versata nell’impianto elettrico.
È questo, nel racconto di Margherita Polese, studentessa dell’istituto Carli, lo scenario apocalittico che si è materializzato davanti agli occhi di chi, lunedì mattina, ha varcato la soglia della scuola di via Diaz. Scuola che, proprio a causa degli ingenti danni subiti da ignoti durante il periodo di occupazione, non ha ancora ripreso - unica in città - le lezioni.
Docenti e allievi torneranno in classe solo domani (oggi ripartiranno esclusivamente i corsi serali). E - ricordiamolo - il Carli rientra nella ristretta cerchia di scuole ”fortunate”: di recente è stato parzialmente ristrutturato, grazie a una fetta di quelle risicatissime risorse che le istituzioni rincorrono per sanare i fatiscenti edifici scolastici triestini.
Ieri, davanti alla devastazione del loro istituto, i ragazzi del Carli hanno voluto gridare la loro innocenza: «Non siamo stati noi. Noi siamo le vittime dei vandali». La voce è quella di Margherita Polese, rappresentante d’istituto ”ad interim” (un nuovo referente non c’è, perché, come in molte altre scuole, l’occupazione ha bloccato l’elezione del nuovo Consiglio d’istituto). «Siamo sconcertati: oltre al danno, abbiamo subito anche la beffa - commenta la studentessa -. Siamo gli unici che non hanno occupato, gli unici ad avere una scuola nuova e gli unici a ritrovarcela a pezzi: adesso chi paga?».
«Noi del Carli, durante un’assemblea d’istituto abbiamo deciso di non partecipare alla mobilitazione, perché non condividevamo la forma di protesta - racconta Polese -. I ragazzi del Nautico, con cui condividiamo l’edificio, invece sì. Loro hanno occupato e blindato gli ingressi di entrambe le scuole. Visto che nessun ragazzo del Carli sarebbe rimasto nell’edificio, io stessa - continua la studentessa - ho preso accordi con i rappresentanti del Nautico affiché venisse garantita, anche al Carli, un’adeguata sorveglianza. Io e pochi altri ragazzi della mia scuola siamo entrati per un sopralluogo il secondo giorno di occupazione, e la situazione era sotto controllo: sia da noi che al Nautico tutto era abbastanza pulito e ben organizzato. L’unico problema è che c’erano dei ragazzi di altre scuole, che io ho invitato ad uscire».
Chi è responsabile, dunque, dei danni? «Siamo abbastanza sicuri che, con la devastazione, i nostri vicini del Nautico non c’entrino: ci conosciamo, siamo tutti reperibili, e credo che nessuno di loro si sarebbe mai messo in guai simili. Queste, però, sono solo supposizioni. L’unica cosa certa è che ciò che è accaduto è gravissimo, e che gli atti vandalici si sono verificati perché non è stato garantito un servizio di sorveglianza adeguato e un controllo efficace delle persone che entravano. In particolare tra venerdì sera e domenica, quando si sono verificati i danneggiamenti: credo che siano stati gruppi di estranei infiltrati».
Una studentessa del Nautico che ha partecipato all’occupazione, e che preferisce restare anonima, replica: «Noi non c’entriamo nulla. Io ho dormito a scuola fino a giovedì, poi ero esausta e, come altri, sono tornata a casa. Di quel weekend non si sa molto. Probabilmente qualcuno non è riuscito a bloccare l’ingresso di estranei. Voci di corridoio parlano di un gruppo di persone più grandi, gente che già lavora e che voleva solo fare danni». Certo è che, se il meccanismo degli ingressi fosse stato quello adottato al Max Fabiani, le cose sarebbero state diverse.
«Da noi - spiega un aspirante geometra - la regola era ferrea: ogni interno poteva entrare accompagnato da un solo esterno, che doveva consegnare un documento. Così abbiamo registrato tutti e non si sono verificati danni. Anche da noi qualche esterno ha tentato di infiltrarsi, ma non lo abbiamo fatto entrare».
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