Scudo europeo da 400 milioni per l’emergenza nei Balcani

Garanzie del commissario all’Allargamento, Oliver Varhelyi alla richiesta di aiuti dei governi di sei Paesi assediati dal virus
Nei Balcani si teme l’onda lunga dell’epidemia
Nei Balcani si teme l’onda lunga dell’epidemia

BELGRADO I Paesi dell’Unione europea hanno risposto alla pandemia spesso chiudendosi in sé stessi, sbarrando frontiere, confiscando mascherine comprate da altre nazioni, facendo orecchie da mercante alle richieste d’aiuto dei vicini. Ma l’Ue, nell’emergenza, non è solo inazione ed egoismi, è anche solidarietà. Solidarietà verso i vicini Balcani ancora fuori dal “club” europeo che conta, Stati che non hanno ancora un numero di casi fuori controllo di Covid-19 – ma con cifre in aumento – e allo stesso tempo grande urgenza di fondi per affrontare l’emergenza sanitaria prima e quella, forse ancora più dirompente, sociale ed economica che verrà. «Abbiamo bisogno, più di sempre, di solidarietà, di un approccio coordinato e azioni comuni», in testa per non essere tagliati fuori dall’invio di «forniture mediche e apparecchiature» sanitarie, hanno rimarcato i presidenti dei Parlamenti di Albania, Bosnia, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo, ricordando che i Balcani «sono parte della famiglia europea», in un appello all’Eurocamera e alla presidentessa della Commissione, Ursula von der Leyen.

Cresce l’allarme contagio lungo la rotta dei migranti
Un'immagine rilasciata dall'ufficio stampa di Oxfam mostra la situazione nel campo di Moria, Lesbo, dove in questo momento a fronte di una capienza di 3.000 posti sono costrette a sopravvivere in condizioni disumane oltre 13 mila persone, per il 42% minori tra i 7 e 12 anni, tra cui quasi 1.000 bambini e ragazzi arrivati da soli. ANSA/UFFICIO STAMPA OXFAM ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++


Appello che è stato accolto. «Ho scritto ai premier dei Balcani occidentali per confermare che siamo vicini alla regione nella lotta al coronavirus», ha assicurato mercoledì sera il commissario Ue all’Allargamento, Oliver Varhelyi. Non sono parole vuote, ma rassicurazioni basate sui numeri. Numeri come i «38 milioni di euro di sostegno immediato per i settori sanitari» dei Paesi balcanici stanziati da Bruxelles, ha chiarito via Twitter lo stesso Varhelyi, anticipando che la somma nei prossimi mesi sarà ancora più sostanziosa. Si parla infatti di «373 milioni per la ripresa sociale ed economica» dei sei Paesi della regione ancora fuori dalla Ue.

Dall'emergenza sanitaria a quella economica: torna lo spettro della grande recessione
Tremila letti sotto la struttura a cupola più grande d’Europa: piazzati ieri dall’esercito serbo alla Hall 1 della Fiera di Belgrado, tramutata in “lazzaretto” per pazienti con sintomi lievi di Covid-19.

A livello nazionale, «15 milioni» arriveranno subito alla Serbia per «l’acquisto immediato e il trasporto di equipaggiamento medico», mentre altri 78 milioni sono stati previsti dalla Ue per «la ripresa economica» tra Belgrado, Nis e Novi Sad, ha specificato l’ambasciatore Ue a Belgrado, Sem Fabrizi, che ha sottolineato che Bruxelles «è sempre al fianco» di Belgrado «nel momento del bisogno». L’Unione è vicina anche al Montenegro, a cui andranno tre milioni di euro subito e altri 50 «come risposta sul lungo periodo», ha specificato l’omologo a Podgorica di Fabrizi, Aivo Orav.

Persone in isolamento, spuntano le liste
epa08301249 Shoppers stock up on supplies at a supermarket in Podgorica, Montenegro, 17 March 2020. Several European countries have closed borders, schools and public facilities, and have cancelled major sports and entertainment events in order to prevent the spread of the covid-19 disease. EPA/BORIS PEJOVIC


Stesso scenario per la Macedonia del Nord, che attende l’arrivo di quattro milioni per le «necessità immediate» e può contare su 50 per attutire l’impatto della crisi economica incombente, ha specificato il rappresentante Ue a Skopje, Samuel Zbogar. Quattro milioni sono anche quelli riservati all’Albania, con Tirana che si è vista riservata ancora 11 per il sostegno alla società e 35 per l’economia. Sette invece quelli destinati alla Bosnia-Erzergovina per i bisogni immediati di Sarajevo, oltre a 50 per economia e sviluppo post-pandemia. Neppure il Kosovo, ultimo nella regione nella corsa all’adesione, è stato dimenticato, con 5 milioni «per necessità immediate», 13 per sostenere il bilancio e 50 per «l’impatto socio-economico», ha specificato l’ambasciatrice Ue Nataliya Apostolova. Ma i fondi annunciati mercoledì non sono stati i primi. Già il 20 marzo Fabrizi aveva informato di una «donazione da 7,5 milioni» per la Serbia, «azioni non parole». E lo stesso era accaduto per altre capitali della regione, tutte incluse anche nel sistema di approvvigionamento Ue delle apparecchiature e dei medicinali, un passo fondamentale per non lasciare soli i Balcani.

Non c’è però solo l’Ue, con la Cina in prima fila – soprattutto in Serbia – nell’invio di medicine, mascherine e anche team di esperti che stanno da giorni consigliando il governo sulle misure da prendere per rallentare l’epidemia, una “soft power diplomacy” molto apprezzata da popolazione e autorità. Apprezzata perché i fondi servono per affrontare un’emergenza che è solo agli inizi. Lo confermano i numeri dei contagi nella regione. Sono 457 in Serbia (dove sono saliti a ben sette i decessi), 201 in Macedonia del Nord, 185 in Bosnia-Erzegovina, 146 in Albania, 71 in Kosovo, 67 in Montenegro, tutti Paesi che stanno registrando un aumento significativo. Casi che sono molti di più negli Stati della regione già membri della Ue. Il bilancio è salito ieri a 526 in Slovenia (sei i decessi) e a 495 in Croazia (due morti), le due nazioni dopo Germania e Austria con più casi per milione di abitanti, rispettivamente 232 per Lubiana, 93 per Zagabria.

Più drammatica in termini quantitativi la situazione in Romania (1.029 casi, 18 morti), seria in Bulgaria (264 positivi, tre decessi) e pure in Ungheria, dove i contagiati conclamati sono più di 260, dieci i morti. In tutto, a ieri sono più di tremila i contagi nell’area. —

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