Scrittori: torna la Trieste di Roberta De Falco
La memoria non è un fantasma che si aggira per Trieste, punto e basta. Non è un pensiero inquieto che, di tanto in tanto, si diverte a ritornare sul palcoscenico della città. È molto di più: un fratello siamese che vive dentro la realtà di tutti i giorni. Che condiziona il presente, impedendogli di stabilire un approccio più sereno con il passato.
Roberta De Falco, che frequenta Trieste da tempo, ha messo a fuoco con grande lucidità questo rapporto di simbiosi tra ricordi e realtà. Tanto da costruirci sopra una trilogia di romanzi. Un viaggio narrativo iniziato l’anno scorso con “Nessuno è innocente”, il suo libro di debutto. Imperniato su una storia di omicidi legati alla persecuzione contro gli ebrei. E che prosegue adesso con “Bei tempi per gente cattiva” (pagg. 291, euro 16,90), seconda tappa delle avventure del commissario Ettore Benussi che Sperling & Kupfer distribuisce da oggi nelle librerie.
Dietro lo pseudonimo di Roberta De Falco, in realtà, c’è Roberta Mazzoni. Milanese, figlia di un architetto, per tanti anni ha lavorato a Roma nel mondo del cinema. Come sceneggiatrice si è trovata coinvolta in progetti importanti: da “Interno berlinese” di Liliana Cavani a “Va’ dove ti porta il cuore” di Cristina Comencini; da “Nel mio amore” di Susanna Tamaro ai televisivi “Promessi sposi”.
Trieste, per Roberta De Falco, non è solo un posto dove ambientare delle storie. Prima di mettersi al computer a scrivere, lei la città l’ha analizzata a fondo. Studiando i suoi scoppi improvvisi di allegria e i momenti di profonda malinconia, le giornate limpide frustate dalla bora e le serate uggiose. Dove l’atmosfera immobile sembra perfetta per fare da incubatrice ai cattivi pensieri.
A Trieste non c’è spazio per un gigione come Montalbano. Anche se i compagni di scuola di Livia, la figlia del commissario Benussi, la canzonano sempre attribuendole come padre l’affascinante poliziotto nato dalla penna di Andrea Camilleri. Nel ventre della città si nascondono le ombre scure del passato. I rancori, i delitti mai confessati, le divisioni ideologiche e razziali. E se in “Nessuno è innocente” erano gli incubi dell’era nazista, della caccia all’ebreo, del campo di sterminio della Risiera a riaffiorare, questa volta l’orologio del tempo riporta il lettore agli anni Novanta. Quando la Jugoslavia si disentegrò, lasciando spazio a una guerra che scatenò uno contro l’altro popoli abituati a convivere in armonia fino al giorno prima.
Per Benussi, questo nuovo caso parte subito in salita. Lui è ancora convalescente. Deve usare le stampelle, dopo il pauroso volo che lo ha conciato per le feste nel finale di “Nessuno è innocente”. Ma a terremotare ancor di più le sue già complicate giornate sarà la sparizione della moglie. Carla svanisce nel nulla dopo aver trascorso con lui un pomeriggio nella casetta di Santa Croce, dove il poliziotto si è ritirato per la convalescenza. Nessuno sembra essersi accorto della sua mancanza. Nemmeno la figlia, un’adolescente inquieta che condivide con la madre un segreto imbarazzante. Insieme ad alcune amiche, in una serata alcolica, ha girato uno strano video, paracadutato da qualcuno su Facebook.
La sparizione di Carla si intreccia con un brusio di altre storie. Quella di un bambino scampato al massacro di Srebrenica, che non conosce bene il proprio passato, ma ha un conto in sospeso con il presente. Quella di un carnefice serbo che ha tentato di ricostruirsi una vita aTrieste, senza mai riuscire a liberarsi dagli orrori che si è lasciato alle spalle. E, poi, c’è il fragilissimo amore, che non riesce a decollare, tra Elettra Morin e Valerio Gargiulo, i due preziosi collaboratori di Benussi. Proiettati, questa volta, sotto le luci della ribalta dell’inchiesta, anche a causa delle traballanti condizioni fisiche del comissario.
Evitando gli effetti da “grand guignol” di troppi thriller, Roberta De Falco costruisce un romanzo che è doloroso e adrenalinico. Dove i dialoghi scandiscono i tempi della storia. Dove i personaggi si mettono in cerca della verità portandosi appresso il loro bagaglio di incertezze, dubbi, paure, meschinità. Perché, in fondo, che cos’è un giallo se non lo specchio che riflette il mondo reale.
alemezlo
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