Scoperta in Istria la peschiera dell’antica Roma

Gli scavi portano alla luce vasche e “ascensori” per l’allevamento di orate e branzini in una villa vicino a Parenzo

Scoperti a Parenzo gli allevamenti di pesce fondati dagli antichi romani. Orate, branzini e sgombri erano piatti prelibati anche nell’antichità. I romani ne andavano matti e nell’allevarli erano dei veri e propri maestri.

Nella baia di Busuja (Porto Bosollo), questi tipi di pesce venivano consumati sul posto dai ricchi proprietari della villa romana di Mozaik (Mosaico), dal nome dei suontosi pavimenti mosaicati scoperti nel XIX secolo, oppure venivano inviati nelle mense italiane con apposite barche dotate di “piscine” per mantenerli freschi.

E ancora, una volta essiccati al sole, i pesci venivano trasformati in garum, una salsa tanto prelibata quanto cara che gli antichi romani vendevano nelle piccole anfore fabbricate a Loron.

Lo dimostrano le ricerche di archeologia subacquea condotte negli ultimi vent’anni lungo la costa croata dell’Istria. Soprattutto gli ultimi scavi, contemplati nel progetto Istria e mare, diretto dall’archeologo Vladimir Kovacic del Museo del territorio Parentino in partnenariato con il Centre Camille Jullian (Università di Aix-Marseille – Cnrs) e l’Istituto Ausonius (Università di Bordeaux 3).

Le ricerche sono state finanziate dal ministero degli Affari esteri francese e di Torre-Abrega, cui da poco si sono aggiunte l’Università di Padova e l’Ecole de Roma.

Grandi risultati si sono avuti da un mese a questa parte, da quando è in corso lo scavo su un allevamento di pesce romano individuato proprio nella baia di Busuja. «È composto da cinque vasche rettangolari che comunicano tra loro grazie a delle saracinesche di legno – spiega il professor Kovacic -. Il fondo di una delle vasche più piccole conserva ancora sul fondo il tavolato di legno di quercia».

Si è scoperto così che la peschiera, inserita nel complesso della villa Mozaik, era dotata di corridoi ed ascensori di legno che servivano non solo ad allevare il pesce ma anche a trasferirlo quando raggiungeva la lunghezza di dieci centimetri. Gli archeologi ipotizzano che gli ascensori servissero a portare alla superficie dell’acqua il pesce “cresciuto” nell’allevamento di per trasportarlo nel vicino vivaio di punta Kupanja (Cupalia), sulla baia di Santa Marina, il terzo più grande vivaio antico del Mediterraneo.

Gli studi fanno dunque la quadra su come gli antichi romani allevavano il pesce in quel tratto di costa. Anche perché pure il grande centro di produzione di ceramica sul promontorio di Loron (nel I secolo d.C. di proprietà di Sisenna, figlio del generale Statilius Taurus e buon amico dell’imperatore Augusto) avrebbe avuto funzioni connesse con gli allevamenti di pesce.

Gli esperti suppongono infatti che le piccole anfore lì prodotte venissero usate per vendere la prelibata salsa di pesce allevato a Kupanja e Busuja.

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