Scontro sui teatri, la Contrada fa ricorso
Dopo lo Stabile di Genova escluso dal gotha dei teatri nazionali, anche La Contrada ha deciso ha scelto di fare ricorso contro il verdetto della Commissione prosa presieduta da Lucio Argano che non solo l’ha escluso dai Teatri di rilevante interesse culturale (Tric) ma l’ha relegata a una compagnia di giro. Neppure degna di essere un centro di produzione come il Css di Udine (anch’esso escluso dai Tric). Il Teatro Bobbio non ci sta a essere declassato a impresa teatrale per decreto ministeriale. E così ieri, dopo alcuni giorni di silenzio e comprensibile choc («Non riusciamo ancora a crederci. Non siamo una compagnia di saltimbanchi» dice il direttore organizzativo Diego Matuchina), hanno convocata una conferenza stampa che è durata un’ora e mezza quanto uno spettacolo vero e proprio. Una pièce dell’assurdo. «A tutti i simpatizzanti e abbonati: conferenza stampa al Bobbio alle 11.30contro l'indegno trattamento del ministero a Roma nei nostri confronti. È una vergogna, ancora uno scippo a Trieste» recitava l’invito con annessa petizione (oltre 200 abbonati hanno già sottocritto). Una conferenza stampa senza domande in cui una scatenata Lucia Amabilino, presidente della Contrada, ha inveito contro la politica (“senza intelligenza”) circondata dai politici. «Dai Gianni, vuoi venire su...». E Gianni Torrenti, assessore regionale alla Cultura, si è accomodato sul palco alla sua destra, mentre il sindaco Roberto Cosolini ha preso posto alla sinistra. Tutti Pd, tutti super renziani, Amabilino compresa che non le manda a dire: «Sono arrabbiata indignata combattiva contro il ministero a Roma: siamo noi che dovremmo giudicarli, non loro a noi, con gli stipendi da 219 mila euro al mese, il più povero dirigente 194.000: la spending review la comincino dai loro super compensi». In causa è chiamato lo stipendio del direttore generale Salvatore Nastasi che guadagna il doppio del premier Matteo Renzi. Un discorso da perfetta grillina contro il decreto «scritto male e applicato peggio» e un Paese dove le gare sono sempre con il “trucco” e i “raccomandati della politica” non mancano mai. «Noi faremo ricorso contro questo declassamento che mette in discussione 30 anni di finanziamenti pubblici. Rassicuriamo i nostri abbonati (3 mila), La Contrada manterrà inalterato il cartellone». Da Torino, dove è in scena, arriva il messaggio accorato di Ariella Reggio che 39 anni fa fondò il teatro assieme a Orazio Bobbio: «La notizia mi ha lasciato di stucco. Sono molto indignata e addolorata. E come se mi avessero rubato un pezzo della mia vita». Anche il sindaco si commuove al messaggio e annuncia che il Comune (con la Regione) sarà al fianco della Contrada nel ricorso «per una questione di principio»: «Questo luogo che è comunale non cambierà destinazione nei prossimi anni. Resta il teatro della Contrada». E poi aggiunge. «E arrivato il momento di lavorare ai processi di integrazione anche con il Rossetti. Questa è la sfida». D’accordo anche Torrenti: «Mi spiace. La collocazione della Contrada è sbagliata. Ora bisogna lavora per ricucire il sistema teatrale». Un lavoro difficile. Milos Budin (pure lui Pd), presidente del neo Tric Rossetti, va controcorrente: «Siamo veramente sicuri che le decisioni di questo decreto indebolisca il nostro sistema teatrale? Non sta scritto da nessuna parte che i contributi saranno inferiori». E poco manca che quelli della Contrada lo sbranino vivo. «Se il contributo sarà lo stesso di prima (485mila euro per la Contrada e oltre un milione per il Rossetti, ndr) stappiamo lo spumante» ironizza Matuchina. «Io pretendo che il ministero mantenga la parola» urla Budin, l’unico rimasto a credere alle favole e il solo convinto che non essere diventati un teatro nazionale è stato un vero colpo di fortuna. Peccato per l’assenza di Matteo Oleotto, direttore artistico della Contrada, in Scozia in questi giorni. Probabilmente per il campionato di freccette di Zoran...
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