Scontro Austria-Turchia sul caso armeno

Il Parlamento di Vienna riconosce il “genocidio”. Durissima la reazione di Istanbul, che richiama l’ambasciatore
Una manifestazione ieri a Bruxelles
Una manifestazione ieri a Bruxelles

UDINE. Anche dopo cent’anni, il massacro di un milione e mezzo di armeni ad opera dell’impero ottomano continua a essere fonte di discordia nei rapporti internazionali. Pare che tutto dipenda da una questione terminologica: se quelle uccisioni di massa, iniziate a Istanbul il 24 aprile del 1915, su cui ormai quasi tutti gli storici concordano, possano essere definite “genocidio” o debbano invece essere chiamate in altro modo.

Che non si tratti soltanto di una discussione tra filologi appare evidente dal fatto che un secolo dopo soltanto 22 nazioni, tra cui l’Italia, hanno riconosciuto il genocidio armeno. Lo ha fatto anche il Parlamento europeo già nel 1987, ma non ancora la Commissione europea, che, quando è chiamata ad esprimersi su quel tragico capitolo della storia, usa termini più sfumati.

Acquista, dunque, un particolare significato il fatto anche il Parlamento austriaco, alla vigilia della commemorazione del centenario, abbia voluto riconoscere il “genocidio” in un documento che rievoca quei fatti e che porta le firme di tutti i sei gruppi politici presenti nell’assemblea. La reazione della Turchia è stata immediata e di imprevedibile durezza. Il governo di Ankara ha protestato, esprimendo “indignazione” per l’atto parlamentare. Il ministro degli esteri turco Mevlüt Cavusoglu ha annunciato che, in conseguenza di ciò, i rapporti tra i due paesi saranno “durevolmente compromessi” e ha richiamato in patria per consultazioni l’ambasciatore Mehmet Hasan Gögüs. Contro la dichiarazione del Parlamento hanno protestato anche molte associazioni turche esistenti in Austria.

La comunità turca in questo paese è la seconda per numero, dopo quella tedesca. Con oltre 240.000 appartenenti (di cui 91.000 nella sola capitale) è una presenza che conta, al punto che lo scorso anno, alla vigilia delle elezioni in Turchia, il presidente Recep Tayyip Erdogan, venne a tenere comizi anche a Vienna e il ministro degli esteri Sebastian Kurz volle incontrarlo, per esprimergli in disappunto del governo austriaco.

La presa di posizione del Parlamento austriaco segna dunque una svolta dell’Austria, cui indubbiamente hanno contribuito sia l’appello lanciato dal Consiglio ecumenico delle Chiese all’inizio di questo mese, sia le recenti parole di papa Francesco. Il Consiglio ecumenico si era rivolto al presidente della Repubblica Heinz Fischer, al cancelliere Werner Faymann, al vicecancelliere Reinhold Mitterlehner e alla presidente del Parlamento Doris Bures, chiedendo che l’Austria riconoscesse finalmente il genocidio del popolo armeno, “in modo che l’esempio potesse essere seguito da altri Stati”. La mozione approvata dal Parlamento porta le firme di tutti i capigruppo: Andreas Schieder (Spö), Reinhold Lopatka (Övp), Heinz-Christian Strache (Fpö), Eva Glawischnig (Grüne), Waltraud Dietrich (Team Stronach) und Matthias Strolz (Neos).

Il documento richiama innanzitutto la responsabilità storica dell’Austria, che all’epoca era alleata dell’impero ottomano, venne a conoscenza dello sterminio che si stava perpetrando nei confronti degli armeni, ma non fece nulla per impedirlo. Per questo – scrivono i firmatari – è “nostro dovere riconoscere e condannare quei terribili eventi come genocidio”. E più avanti: “Ugualmente è dovere della Turchia rimettere in discussione con onestà quel capitolo buio e doloroso del proprio passato e riconoscere come genocidio i crimini commessi dall’impero ottomano nei confronti degli armeni”.

Ieri pomeriggio, frattanto, nel duomo di Santo Stefano, a Vienna, si è svolto un rito religioso ecumenico, in memoria delle vittime del genocidio, presieduto dal cardinale Christoph Schönborn.

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