Scontri, feriti e 120 fermati a Maribor
TRIESTE. La “Rivoluzione dei fiori” non si ferma. In Slovenia la protesta sociale si fa sempre più forte e, purtroppo, anche più violenta soprattutto per l’infiltrazione tra gli “arrabbiati” di gruppi di hooligans o di neonazisti. E il prossimo 21 dicembre, per i maia giorno della fine del mondo, per la Slovenia l’anniversario del plebiscito per l’indipendenza, per il popolo di Facebook, che “orchestra” la protesta, sarà il giorno dell’«insurrezione popolare», quando la protesta si manifesterà contemporaneamente in tutte le città slovene. Il 22 si insedierà il nuovo capo dello Stato, Borut Pahor. Lunedì scorso a Maribor i “Gotof je” (è finito) hanno gridato nuovamente la loro rabbia contro il sindaco Kangler che, nonostante in forte odore di corruzione, non vuole dimettersi. Ma a tarda sera, dopo che gli “arrabbiati” hanno distribuito garofani ai poliziotti, sono iniziati a volare i sanpietrini contro le finestre del municipio e contro la polizia che ha, ovviamente reagito, fermando 120 persone. Trenta i feriti, tra cui 20 agenti. Eppure la polizia usando Twitter ha più volte chiesto al popolo della protesta di isolare i facinorosi per permettere un’azione mirata da parte degli agenti anti-sommossa. Sì perché la polizia, in fondo, sta con gli “arrabbiati”. Con i suoi 600 euro al mese un poliziotto in Slovenia vive sulla soglia di povertà. A Lubiana poi è andato in scena una sorta di “teatro dell’assurdo”. Il sindaco Zoran Jankovi„, anche lui in odore di corruzione, è uscito verso le 19 dal municipio accolto da fischi e da insulti del tipo «Baraba», «ladro». Assolutamente impermeabile si è recato in piazza Prešeren per accendere le luminarie di Natale della città. La quale, più che mai “arrabbiata” ha iniziato a scandire lo slogan “Gotof je”. E lui con quella gente voleva andare a parlare, discutere, se nonché la sua scorta lo ha letteralmente scaraventato in auto e portato al sicuro. I politici dimostrano di capire poco di quanto sta succedendo nel Paese. Tranne uno, il premier Janša il quale nella bagarre sociale ha preannunciato l’avvio di grandi riforme costituzionali e sociali. A partire dalla legge elettorale. E si parla già, dopo appena 20 anni di vita, della nascita della Seconda repubblica. Per molti analisti un’abile mossa per distogliere l’attenzione dalla guida del Paese ai problemi del sistema. I cambiamenti annunciati ad alta voce da Janša però necessitano di una coesione politica assolutamente inottenibile in Slovenia. In Parlamento non ci sono e non ci saranno i numeri. E la rivolta delle piazze non ha alcun “colore” se non quello dei garofani. E qualcuno comincia a pensare a Salazar.
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