Sciopero in Porto, accordo respinto

No dell’assemblea al documento che prevedeva i lavoratori riuniti in un soggetto unico. Prime navi verso Capodistria

Lasorte Trieste 23/05/11 - Sciopero Porto, Navi in Rada
Lasorte Trieste 23/05/11 - Sciopero Porto, Navi in Rada

I lavoratori riuniti in assemblea hanno detto no, ieri sera, al documento siglato poco prima in Prefettura al termine di una lunga trattativa. Il testo messo a punto per sbloccare la situazione prevedeva un soggetto unico che riunisse tutti i lavoratori portuali così come previsto dalla legge e come già accade in altri porti italiani. In giornata intanto era stato chiesto anche l’intervento della Protezione civile per il terminal dei traghetti con la Turchia. E nel frattempo i danni dello sciopero si fanno già sentire con le prime navi che rischiano di far rotta su Capodistria e gli armatori turchi dei ro-ro che stanno prendendo in considerazione i porti della Francia e lo stesso scalo della vicina Slovenia.

Durante la lunga giornata che si è conclusa con il no dei lavoratori al documento, per la firma del testo stesso è giunta in Prefettura la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi la quale, in caso di accettazione dell’accordo, si è detta intenzionata a risolvere radicalmente la situazione relativa al lavoro all’interno dello scalo. «Siamo intenzionati a mettere mano al riordino di tutta la materia, di concerto con il Ministero. Evidentemente si sono sommate situazioni che non sono state affrontate per tempo. Quella di oggi (ieri, ndr) non è stata certo una passeggiata, speriamo di risolvere la situazione che ha già portato un danno enorme al porto».

Nel documento sottoscritto si chiede l’applicazione del comma 5 dell’articolo 17 della “legge sui porti”. In pratica la creazione di un soggetto unico (una specie di Agenzia del lavoro) che possa operare all’interno dello scalo triestino, anche utilizzando – con una speciale deroga temporanea a quanto previsto dalla normativa – gli eventuali esuberi delle cooperative. Si tratterebbe quindi di tornare allo schema della vecchia Compagnia portuale (con tariffe garantite per lo sbarco e l’imbarco delle merci e interventi statali per le giornate senza lavoro) modernizzata da alcuni provvedimenti e necessitante di una gara europea e di un’autorizzazione del ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Per questo motivo, citando i gravi danni nei quali potrebbe incorrere lo scalo e le garanzie per i lavoratori, si propone di istituire da domani, mercoledì 25 maggio, un tavolo permanente all’Authority. L’accordo - questo era il percorso previsto durante la giornata - sarà quindi sottoposto al ministero e il 14 giugno si farà nuovamente il punto della situazione. Nel frattempo i lavoratori si impegnano a rimuovere i blocchi e a far ripartire il porto. Tutte ipotesi però bloccate dal no di ieri sera.

Ieri il Molo VII gestito da Tmt non ha potuto scaricare una grossa nave della compagnia Cma-Cgm strabordante di container e le conseguenze rischiano di ripercuotersi già nell’immediato, come spiega Pierpaolo Cappellari, rappresentante triestino del colosso internazionale: «Cma non ha preso decisioni ma si sta valutando la situazione. Questa nave era particolarmente piena e non può andare a Capodistria o Fiume, ma se il blocco prosegue si ipotizza di rimandarla a Malta. La perdita è economica e commerciale, perché i clienti fanno molta difficoltà a capire queste cose». Per una nave di queste dimensioni si pagano 8-10 mila dollari di noleggio al giorno, ma le perdite complessive possono aggirarsi sui 30-40mila euro per ogni giornata persa in rada.

«In giornata abbiamo avuto un incontro con gli armatori turchi – racconta Enrico Samer, a capo dell’omonima società – già presenti a Trieste per altre questioni. Non capiscono le ragioni del blocco, considerando che non c’erano richieste specifiche nei nostri confronti. Per questo stanno pensando a uno spostamento delle linee, non tutte, sui porti della Francia o a Capodistria».

La Samer shipping aveva ieri due navi in rada, tre navi all’ormeggio e due fatte ripartire vuote per la Turchia. L’armatore ha chiesto di valutare la possibilità di scaricare a Capodistria, ma l’opzione sembra difficile da praticare in tempi rapidi, sia per problemi logistici sia per iter burocratici doganali. A dimostrazione che le problematiche del lavoro al porto di Trieste sono all’attenzione degli altri scali, ieri pomeriggio si vociferava della presenza di lavoratori provenienti dal porto di Capodistria per solidarizzare con i colleghi triestini. Allo stesso modo si rincorrevano voci di una possibile rappresentanza di portuali in arrivo da Livorno per gli stessi motivi.

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