Scienziati e umanisti a braccettoper scoprire come cambia il mare

Le analisi di quadri e mosaici del passato per supplire alla mancanza di studi storici sulla biodiversità
Quadri, mosaici, registri mercantili antichi, testi di filosofi e scrittori, opere di carattere religioso: l’apporto dell’arte e della letteratura può rivelarsi supporto fondamentale nella ricostruzione scientifica di fenomeni naturali e delle relative serie storiche. Alcuni dipinti del Canaletto svelano ad esempio tracce di alghe su palazzi veneziani, segni che il livello odierno del mare - a distanza di oltre due secoli - ha coperto, confermando come Venezia sia sprofondata di almeno 60 centimentri in questo lasso di tempo. Mentre i mosaici della basilica di Aquileia testimoniano poi di un’incredibile varietà di pesci nell’Adriatico, centinaia di anni fa.


Questo e molto altro è emerso nel corso della cinque giorni della “Mediterranean and the Black sea International summer school” intitolata “When humanities meet ecology”, organizzata dall’Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste e dall’Ispra - Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale di Chioggia. Un appuntamento che ha visto partecipare, ospitati dal Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam, trenta studenti provenienti da America settentrionale (in particolare dagli Stati Uniti), Africa ed Europa. Oltre all’Italia, il Vecchio continente è stato rappresentato, fra le nazioni che hanno contato su almeno un esponente, da Germania, Danimarca, Spagna, Croazia e Polonia. Sono stati 15 invece gli insegnanti di esperienza internazionale intervenuti nell’ambito dei 25 seminari programmati.


La finalità della scuola è stata proprio quella di permettere una reale interazione operativa fra i ricercatori e studenti delle discipline scientifiche e i loro colleghi del settore umanistico. I corsi in questione fanno parte del progetto internazionale “History of marine animal populations”, coordinato per il Mar Mediterraneo dalla storica dell’Università di Haifa, Ruthy Gertwagen.

Oggi, gli studi sulla biodiversità marina e sugli ecosistemi vengono condotti grazie a supporti scientifici complessi, frutto dei progressi del binomio composto da scienza e tecnologia, mentre nel passato più o meno lontano chiaramente ciò non poteva avvenire: partendo da questo presupposto, i responsabili del progetto hanno ipotizzato di ricorrere a tutte le possibili testimonianze lasciate dalla scienza sul terreno umanistico per avere un quadro dei cambiamenti e della loro collocazione temporale. Nelle cinque giornate trascorse a Trieste, gli esperti si sono concentrati su Mar Mediterraneo e Mar Nero.


Per citare un altro esempio, fra i contributi simbolo della convergenza umanistico-scientifica, c’è l’analisi realizzata da Tomaso Fortibuoni, giovane ricercatore dell’Ogs e studente di dottorato dell’Università di Trieste. Un lavoro dettagliato sull’evoluzione delle specie marine nell’Alto Adriatico, basato sui contenuti di un assieme di archivi storici consultati a Venezia, Chioggia, Trieste, Spalato e Roma. «L’Adriatico è un’area caratterizzata da una straordinaria ricchezza di fonti storiche sulle popolazioni marine - spiega Fortibuoni -, grazie ad esempio alla fervente attività dei naturalisti austro-ungarici e veneziani che ci hanno regalato preziose liste di specie a partire dalla fine del 1700».

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