Scienza e virgola, il prof Galletti sui rischi della biotecnologia mercoledì a Trieste: “Più buoni ma meno liberi con le pillole del futuro
Il professore di Bioetica Matteo Galletti tra i protagonisti mercoeldì 11 maggio alla Ubik. Rifletterà su vantaggi ed effetti collaterali del biopotenziamento morale
TRIESTE In futuro sarà possibile modificare il carattere di un essere umano affidandosi non all’educazione, all’autodisciplina, alla conoscenza, ma alla tecnologia? È la domanda che innesca la riflessione contenuta nel saggio “La pillola per diventare buoni. Etica e potenziamento morale” (Fandango libri).
Il suo autore, Matteo Galletti, professore di Bioetica all’Università di Firenze, ne discuterà mercoledì 11 maggio alle 18 alla Libreria Ubik con il matematico, traduttore e docente al Master in Comunicazione della Scienza Luigi Civalleri, nell’ambito del festival Scienza e Virgola.
Per quanto ancora remota, l’ipotesi del biopotenziamento morale è affascinante e spaventosa. È un’ipotesi già masticata dal cinema, basti pensare al protagonista di Arancia meccanica, Alex DeLarge, che per abbandonare la violenza si presta a un trattamento farmaceutico sperimentale.
«L’idea alla base del biopotenziamento è che vi siano una serie di tecnologie, di tipo farmacologico, genetico o neuroscientifico, che in futuro potrebbero agire sulla natura biologica dell’uomo per potenziarne il comportamento morale», spiega Galletti. «Per ora si tratta di speculazione, ma la storia della scienza ci ha insegnato che non sempre siamo in grado di prevedere l’evoluzione futura delle tecnologie».
Cosa significa diventare più morali?
Cosa sia la moralità è un problema aperto: per alcuni ha a che fare con la ragione, per altri con i sentimenti e le emozioni, per altri ancora è frutto dell’effetto integrato di queste componenti. La moralità non è uguale per tutti: persone diverse possono giudicare differentemente cosa sia giusto fare in una certa situazione.
Quali i possibili aspetti positivi e negativi del biopotenziamento?
Gli aspetti positivi sono evidenti: chi non vorrebbe vivere in un mondo in cui gli esseri umani sono più altruisti, generosi e con un maggior senso di giustizia? Ma un’analisi attenta fa emergere possibili implicazioni negative. A partire dal modo in cui applichiamo il biopotenziamento morale: potremmo lasciarlo alla volontà individuale o imporlo.
Una pillola per diventare buoni ci renderebbe meno liberi?
Pensiamo che l’azione morale sia una scelta che sottende un merito. Ma quando un miglioramento morale non è più frutto di un atto di volontà o di crescita personale, ma di una molecola che agisce sulla nostra biologia, la perdita di libertà è dietro l’angolo.
E nel caso di diverse concezioni della moralità come potrebbe funzionare la pillola?
Il biopotenziamento morale omogeneizzerebbe il concetto di moralità, limitando le interpretazioni possibili a un’unica soltanto. Un livellamento ottenuto con un’azione biologica che, oltre al pluralismo, farebbe perdere valori ai nostri tentativi di persuasione dell’altro.
Perché l’idea del potenziamento ci spaventa?
Non è l’idea in sé a farci paura, perché il genere umano fin dalla sua comparsa sulla Terra ha tentato di potenziarsi. È il metodo, poiché non si tratta più di agire su strumenti di cui gli esseri umani possono dotarsi, ma di modificarne la loro natura biologica. E se le biotecnologie dovessero essere diffuse secondo regole di mercato probabilmente ne deriverebbero ulteriori disuguaglianze.
E perché ci affascina?
Perché viviamo in una società fortemente competitiva e potenziandoci abbiamo la speranza di giocare al meglio. Forse se rivedessimo questa concezione competitiva del nostro stare al mondo questa corsa al biopotenziamento verrebbe meno
Riproduzione riservata © Il Piccolo