TRIESTE I suoi occhi impalati, assenti, come annegati in un mare di confusione, e soprattutto le sue parole, disarmanti per la loro abissale distanza dalla realtà che lui sta vivendo, raccontano di un uomo che, in questo momento, non ha idea di ciò che ha fatto. Non solo non ricorda di aver guidato contromano e ubriaco, con un tasso alcolemico sei volte superiore ai limiti di legge, diventando responsabile della morte di due innocenti, ma per ora non sa neanche dove si trova. Non si rende cioè conto di essere in prigione, dove l'hanno portato gli agenti della stradale mercoledì pomeriggio direttamente dall'ospedale, da cui era stato appena dimesso. Non si spiega addirittura il perché di quei gessi che gli stringono braccio e gamba, i segni rimastigli sul corpo dopo il tragico frontale che lui stesso ha provocato sulla sopraelevata della Grande viabilità nella tarda serata di domenica 19 giugno. C'è un vuoto, insomma, nel cervello di Josif Jitariu Celestin, l'operaio trentatreenne di passaporto romeno, incensurato e residente da una dozzina d'anni in città, che quella notte, al volante della sua Golf, ha imboccato la sopraelevata in senso contrario dalla rampa di Valmaura guidandola appunto in una folle corsa contromano fino a centrare la Nissan su cui viaggiavano, ignari di andare incontro alla morte, il 35enne Luca Sussich e la 36enne Valentina Gherlanz, e con loro altri tre amici rimasti feriti. Se la causa di tale vuoto mentale siano prevalentemente i farmaci di cui è stato imbottito da quella notte, dopo la quale ha passato anche alcuni giorni in Terapia intensiva prima di essere spostato in Ortopedia, oppure sia anzitutto un persistente e pesantissimo stato di choc conseguente allo schianto, o ancora un cocktail di entrambe le cose, per intanto non è dato sapere. Quel che è certo, allo stato, è che l'interrogatorio di garanzia cui è stato sottoposto nel pomeriggio di giovedì, a 24 ore dal suo arrivo nel carcere, dove attualmente è detenuto da solo in infermeria, dovrà inevitabilmente essere ripetuto nei giorni a venire. In attesa che, sempre che ciò avvenga, le sue condizioni mentali possano normalizzarsi o, quanto meno, tendano a farlo progressivamente. Le risposte di Celestin al giudice per le indagini preliminari Guido Patriarchi, il presidente della Sezione Gip di Foro Ulpiano che ha disposto per lui l'ordine di custodia cautelare in carcere per omicidio stradale aggravato su richiesta del sostituto procuratore Lucia Baldovin, sono state una sequela di "non ricordo". Li ha proferiti nella saletta degli interrogatori del Coroneo alla presenza, oltre che dello stesso gip Patriarchi, di un cancelliere e dell'avvocato Andrea Cavazzini, che è stato da poco nominato difensore di fiducia dalla sorella dell'indagato (come sua parente più stretta, proprio perché quest'ultimo non è in grado attualmente di pensare a se stesso) e che a breve chiederà che il suo assistito possa essere visitato in carcere anche da un consulente medico di parte, al fine di capirne di più a proposito di tempi e modalità del suo eventuale recupero. Celestin ha sì ben presenti le proprie generalità, ma - stando a quanto è emerso nel corso di questo primo interrogatorio - poco altro ancora. Il suo vuoto parte da ben prima di quella sera. Non ricorda, di certo, ciò che ha combinato dal momento in cui si è messo al volante sotto l'effetto dell'alcol, compreso il fatto d'aver spento i fari per non farsi leggere la targa da una pattuglia della finanza che l'aveva intercettato mentre viaggiava dall'altra parte della sopraelevata. Ma gli sfugge, ad esempio, anche cos'aveva fatto prima di girare la chiave della sua Golf. Le voci di chi lo conosce, passate di bocca in bocca, dicono che la serata lui l'aveva trascorsa davanti a una tv, per vedere la partita degli europei di calcio della sua Romania, sconfitta nell'occasione per 1-0 dall'Albania ed eliminata dal torneo. Ma non risulta in grado di rivangare neanche questo. Almeno per ora. |