Schengen “vietata” a Bulgaria e Romania

I Ventisette respingono di nuovo l’ingresso di Sofia e Bucarest. Contrarie Germania e Olanda. La paura della “valanga rom”
Di Mauro Manzin
epa03591695 A man waves a national flag during a rally in support of Bulgarian Prime Minister Boyko Borisov in front of Bulgarian Parliament in Sofia, 20 February 2013. Borisov announced the resignation of his government after days of protests against its austerity policies. His center-right cabinet took office in July 2009. Several demonstrators protesting high electricity prices and low wages in Bulgaria were injured late 19 February in clashes with police. EPA/VASSIL DONEV
epa03591695 A man waves a national flag during a rally in support of Bulgarian Prime Minister Boyko Borisov in front of Bulgarian Parliament in Sofia, 20 February 2013. Borisov announced the resignation of his government after days of protests against its austerity policies. His center-right cabinet took office in July 2009. Several demonstrators protesting high electricity prices and low wages in Bulgaria were injured late 19 February in clashes with police. EPA/VASSIL DONEV

TRIESTE. I ministri degli Interni dei Ventisette hanno deciso di non decidere. E così, una volta ancora, Bulgaria e Romania rimangono fuori dalla cosiddetta Area Schengen. Ogni decisione infatti è stata rimandata a dicembre in attesa anche della relazione della Commissione Ue sui progressi fatti dai due Paesi sulla riforma del sistema giudiziario e nella lotta alla criminalità organizzata.

Da un lato va subito precisato, Germania e Olanda temono un arrivo di cittadini rumeni e bulgari, tale da ingrossare le file dei disoccupati e dei beneficiari del welfare. Dall'altro, sono preoccupati all'idea di aprire le frontiere a due Paesi che hanno gravi problemi di criminalità.

Nella Repubblica federale l'approssimarsi delle elezioni di settembre complica il quadro, tanto più che il ministro degli Interni è un cristiano-sociale bavarese, Hans-Peter Friedrich, che della sicurezza ha fatto un cavallo di battaglia.

Solo lo scorso anno i richiedenti asilo rumeni in Germania sono stati circa 10mila, praticamente il doppio del 2011. La maggioranza di questi sono di etnia Rom. Da rilevare che la procedura relativa alla concessione o meno dell’asilo in Germania dura parecchi mesi durante i quali lo Stato tedesco fornisce ai richiedenti una casa, cibo e un sussidio economico. Il 90% delle richieste viene respinto. A bloccare la decisione sono stati due Paesi: la Germania e l'Olanda, legando, come detto, l'adesione a Schengen di Bulgaria e Romania alla pubblicazione del prossimo rapporto chiamato Cooperation & Verification Mechanism e altri Paesi membri come la Finlandia, la Svezia o l'Austria si sono accodati almeno informalmente. «In teoria, la relazione non ha nulla a che vedere con l'adesione o meno a Schengen - spiegano fonti diplomatiche europee - ma nei fatti i due aspetti sono ormai legati».

Vi sono - ha detto Friedrich parlando dei due Paesi - alcune debolezze, tra cui il funzionamento del sistema giudiziario, che non ci permettono di dare il benestare all'abolizione delle frontiere». Bucarest e Sofia non nascondono il fastidio per il veto di alcuni Paesi, tanto più che hanno investito molto denaro nel controllo delle frontiere esterne dell'Unione. Ciò detto, il ministro degli Interni bulgaro, Tsvetan Tsvetanov, ha promesso un dialogo con Bruxelles che sia «costruttivo, aperto, e trasparente». La discussione sul futuro di Bulgaria e Romania in Schengen coincide con la prossima libera circolazione dei lavoratori bulgari e romeni nell'Unione a partire dal 2014.

Questo principio comunitario è stato temporaneamente sospeso al momento dell'allargamento per paura che il ritardo economico dei nuovi Stati membri potesse creare flussi massicci di lavoratori immigrati.

Ricordiamo che l’Area Schengen è formata da 26 Paesi. Di questi 22 sono membri dell’Unione europea e quattro (Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein) no.

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