Scheletro nel bosco sul Carso: fu uccisa a coltellate
Un volto e una certezza. L’immagine - ricavata al computer nel laboratorio di Cattinara e uscita dall’analisi della Tac “post mortem” - è quello di una giovane donna, forse potrebbe anche essere straniera. La certezza è che è stata assassinata. Uccisa a coltellate. Vittima di un omicidio avvenuto verosimilmente una decina di anni fa.
Il mistero è quello dello scheletro trovato il 19 aprile in una buca nella zona boschiva che si trova nei pressi della casa cantoniera lungo la strada che porta a Basovizza, dopo il bivio ad “h”, sotto il terriccio vicino ai residui di un sacco di nylon grigio. Un mistero che gli investigatori della Squadra mobile coordinati dal pm Giorgio Milillo stanno cercando di svelare. Ma la strada da percorrere è tutta in salita, praticamente impossibile. Perché il mistero è quello dietro a un omicidio senza nome che risale al 2003 e con una vittima di cui al momento c’è solo un ipotetico - per quanto attendibile - volto. Mancano il nome, il movente, le circostanze. Quasi tutto.
Alta 1,60, 25 anni, carnagione chiara, capelli scuri. Pochi sono gli elementi certi. Sono quelli emersi nei giorni scorsi quando il medico legale Fulvio Costantinides e il radiologo Fabio Cavalli hanno ultimato la prima fase degli accertamenti tecnici, le analisi sui reperti, disposti dal pm Milillo. Da esaminare varie ossa (ma non tutte) e un teschio trovati in una buca assieme ai resti del sacco di nylon nel quale probabilmente erano stati raccolti. Nient’altro.
Questi accertamenti tecnici particolarmente sofisticati hanno consentito non solo di ricostruire sommariamente la fisionomia del volto attraverso le ossa. Ma anche di capire proprio dalle ossa che quella donna con i capelli scuri aveva circa 25 anni quando è stata ammazzata. E che a colpirla sono stati alcuni fendenti. Tre coltellate sferrate dall’assassino che l’hanno raggiunta alla schiena e all’avambraccio che probabilmente la donna aveva alzato nel disperato tentativo di proteggersi. A raccontarlo sono stati i segni di arma da punta trovati sulle vertebre cervicali e sull’osso dell’avambraccio.
Si è anche capito che l’omicidio non è avvenuto lì nella zona boschiva vicino alla casa cantoniera che porta a Basovizza, ma altrove, probabilmente anche lontano. Forse oltre il confine. Perché il sacco di nylon - i cui frammenti erano stati trovati vicino al mucchietto di ossa - lascia capire non solo che conteneva il corpo della donna ma supporre inoltre che possa essere stato gettato in mezzo alla boscaglia da un’auto o un camion di passaggio. Costantinides e Cavalli per riuscire a “far parlare” le ossa, hanno effettuato l’autopsia virtuale. Si tratta di una particolare metodologia di indagine tecnica che consente di ricostruire con una sufficiente attendibilità un ipotetico volto sulla base delle ossa del cranio. Poi è stata anche effettuata la datazione delle ossa con gli isotopi radioattivi.
L’allarme del ritrovamento delle ossa nel bosco fuori Basovizza era scattato nella mattinata del 19 aprile. A chiamare il 113 era stata una giovane donna che era andata a raccogliere asparagi in zona. La donna aveva percorso una ventina di metri lungo la strada bianca e poi la sua attenzione era stata focalizzata da quello che in un primo momento era sembrato essere un sasso bianco che usciva dal terreno. Aveva guardato meglio, con più attenzione, e si era resa conto che quello visto era invece un osso umano semicoperto dalla terra. Precisamente un femore. Dopo pochi minuti erano giunti gli agenti della Squadra volante della Questura. Poi il medico legale Costantinides aveva effettuato un lungo sopralluogo riuscendo appunto a recuperare un discreto numero di ossa e soprattutto un teschio che era a circa un metro dalla buca.
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