Scena muta del boia di Vukovar davanti al Tribunale dell’Aja
Goran Hadzic non si dichiara né colpevole né innocente. Potrà ripresentarsi davanti la Corte entro 30 giorni per rispondere allo stesso quesito. In completo nero è apparso molto dimesso con la faccia stanca
TRIESTE. In completo giacca e cravatta nero, la faccia stanca e l’aria dimessa, da ex magazziniere anonimo, quale era prima dell’avventura politica cominciata nel 1990, il serbo croato Goran Hadzic, ultimo criminale della guerra dei Balcani arrestato mercoledì scorso a poche decine di chilometri da Belgrado, si è rifiutato di dichiararsi colpevole o innocente ieri alla sua prima apparizione davanti ai giudici del tribunale internazionale dell’Aja. Hadzic che non si è opposto all’estradizione e per il quale non ci sono state a Belgrado manifestazioni di piazza come avvenne invece per l’arresto di Radovan Karadzic e quello di Ratko Mladic.
«Vostro onore, il signor Hadzic non si dichiarerà nè colpevole nè innocente, oggi», ha riferito il suo legale Vladimir Petrovic al giudice O-Gon Know, nel corso di una udienza rapida, durata meno di un quarto d’ora. Il giudice del Tribunale penale per i crimini nella ex Jugoslavia (Tpi) ha preso atto della volontà di Hadzic di avvalersi del diritto del regolamento che lascia all’imputato la possibilità di presentarsi entro 30 giorni per rispondere allo stesso quesito, annunciando che «una nuova udienza sarà convocata nei tempi dovuti».
Ex magazziniere, nel 1990 Hadzic ha aderito al progetto della grande Serbia propugnato da Milosevic, facendo una carriera politica rapidissima. Nel settembre del 1991 fu eletto presidente dell’autoproclamata Repubblica serba di Krajina in Croazia e da questa posizione guidò la pulizia etnica dei serbi contro i croati. Contro di lui pendono 14 atti di accusa per crimini di guerra e contro l’umanità, compiuti durante la guerra di Croazia (1991-95). Tra questi, c’è anche il massacro di Vukovar, la Stalingrado dei Balcani, simbolo della guerra di Croazia: venne rasa al suolo e furono uccisi 1.100 civili, mentre cinquemila furono fatti prigionieri e deportati in Serbia. L’episodio più cruento - con il quale Hadzic si guadagnò il triste soprannome di “macellaio di Vukovar” - fu compiuto il 20 novembre del 1991: 261 croati ricoverati nell’ospedale furono prelevati, torturati e uccisi a Ovcari.
Hadzic si è presentato ieri ai giudici dell’Aja in completo nero e cravatta “regimental”, a righe bianche e nere, ed ha mantenuto per tutta l’udienza un atteggiamento impassibile. Nessun berretto in testa, come quello indossato provocatoriamente da Mladic, e nessun comizio, come quello fatto da Karadzic alla sua prima apparizione, e neppure nessun atteggiamento irrispettoso e di sfida contro la Corte, come quello tenuto da Mladic nella seconda udienza preliminare, tanto da farsi espellere dall’aula.
Hadzic è rimasto seduto, in silenzio, con l’aria quasi spaesata, tormentando qualche volta i baffi imbiancati. Le uniche risposte date direttamente al giudice O-Gon Know sono state un «sì» e un «no», quando gli è stato chiesto se le generalità che gli erano state lette erano corrette e se aveva questioni da porre.
Imbolsito e stempiato, con un accenno di riporto, il «macellaio di Vukovar» dimostra più dei suoi 53 anni. Meno noto alla stampa internazionale rispetto all’ex presidente della ex Jugoslavia Slobodan Milosevic, all’ex generale serbo-bosniaco Rakto Mladic e all’ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic, Hadzic è l’ultimo dei 161 criminali di guerra ricercati dalla giustizia internazionale per i crimini commessi durante il conflitto dei Balcani: con il suo arresto, mercoledì scorso nei pressi di Krusedol, un villaggio a nord di Belgrado, a 18 anni dalla sua nascita il Tpi può considerare compiuta la propria missione.
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