Scattano gli esami sierologici per mille lavoratori portuali di Trieste e Monfalcone
TRIESTE Obiettivo mille test sierologici, per capire quali mansioni siano più esposte a rischio contagio da coronavirus ed evitare che l’autunno possa far trovare impreparate le società del porto davanti a una possibile recrudescenza dell’epidemia, che rischierebbe di bloccare l’operatività dello scalo a causa dell’esplodere di un focolaio.
Tra moli, banchine e piazzali l’attenzione si è alzata dopo l’emergere di un caso di positività tra i dipendenti della Samer Seaports, che opera in Riva Traiana e al Molo V. L’Autorità portuale accelera dunque sul piano di esami con cui il presidente Zeno D’Agostino vorrebbe coinvolgere mille dei 2.600 lavoratori delle imprese operanti a Trieste e Monfalcone, fra terminalisti, compagnie di lavoro a chiamata e società di servizi in appalto, oltre ai dipendenti di Authority, Adriafer e Porto Trieste servizi.
L’Authority ha aderito al progetto messo in campo da Regione, Azienda sanitaria, Sissa e Swg, che prevede da una parte la somministrazione di un questionario per valutare le abitudini delle maestranze e dall’altra un test sierologico che, attraverso il prelievo del sangue, permette di valutare chi sia venuto a contatto col virus e abbia sviluppato anticorpi per il Covid. Il questionario è in fase di diffusione e al momento hanno risposto 250 lavoratori, ma l’auspicio è che la maggioranza di essi compili le risposte in forma anonima, permettendo agli analisti di ricostruire le mansioni ricoperte, le modalità di lavoro, la rete di relazioni familiari, il mezzo di trasporto usato per gli spostamenti e così via.
Chi risponderà alle domande si sottoporrà poi all’esame del sangue e, in casi di presenza di anticorpi, anche al tampone, per escludere che si tratti di persona attualmente infettiva. I prelievi cominceranno fra una decina di giorni e saranno effettuati direttamente in porto da personale sanitario, all’interno delle imprese dotate di ambulatorio o nell’apposita struttura dell’Autorità portuale. Incrociando i risultati del test sanitario e del questionario, sarà possibile indagare quanti lavoratori sono venuti inavvertitamente a contatto col coronavirus, se ciò sia accaduto in porto o altrove, quali sono le mansioni più esposte e di conseguenza gli strumenti di prevenzione più efficaci.
Il processo è facoltativo per i lavoratori, ma l’Autorità portuale lo ritiene un passaggio di grande importanza, tanto da aver investito settantamila euro per lo svolgimento dei test. «Il porto non si è mai fermato durante l’epidemia – sottolinea D’Agostino – e proprio per questo gli esami sierologici rappresentano un’occasione unica di verifica, in un luogo di interscambio di merci, navi e persone». Il presidente fa appello ai portuali: «Puntiamo a realizzare mille test. Non sono obbligatori, ma sono necessari per il rispetto della salute pubblica, delle persone e delle famiglie, ma anche per la continuità delle attività dello scalo e della capacità delle imprese di fare business senza fermarsi a causa di qualche infezione, che speriamo ovviamente non si verifichi. Ma più dati abbiamo e più saremo in grado di apprestare forme di prevenzione. Finora le cose stanno andando bene: l’ambiente portuale mostra una bassa permeabilità al virus perché, nonostante i portuali siano tanti, si lavora all’aperto o comunque distanziati o da soli all’interno di mezzi e gru, indossando sempre i dpi e nel rispetto dei protocolli». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo