Scatta l’Iva sui corsi, a Trieste scuole guida in rivolta
TRIESTE Scuole guida sul piede di guerra. A scatenare la protesta la ventilata entrata in vigore dell’obbligo di applicare, e quindi versare al Fisco, l’Iva su corsi e lezioni, anche con valore retroattivo, fino a 5 anni prima. Una “mazzata” che, secondo gli addetti ai lavori, finirà per far chiudere 8 scuole su 10. Prima di tutto a Trieste, tra le primissime città ad essere stata sottoposta ai controlli, e da cui non a caso si leva ora il grido d’allarme dei titolari, riuniti ieri in un incontro indetto proprio per affrontare il problema. Problema che, inevitabilmente, ricadrà anche sulle tasche dei cittadini: saranno infatti quelli che hanno conseguito la patente dal 2014 ad oggi a dover sborsare la differenza non corrisposta.
Tutto nasce dalla risoluzione 79 del 2 settembre 2019, con cui l’Agenzia delle Entrate spiega che l’esenzione Iva non si applica alle lezioni di scuola guida, riferendosi alla sentenza del 14 marzo 2019 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In pratica finora non veniva pagata perché non richiesta, mentre adesso tutti dovranno mettersi in regola. «Siamo davanti a un caos burocratico senza precedenti - dicono alcuni titolari delle scuole triestine -. Nei mesi scorsi siamo stati tra i primi in Italia ad avere i funzionari dell’Agenzia delle Entrate nei nostri uffici. Senza ricevere però comunicazioni precise sui cambiamenti in atto. Secondo le indicazioni emerse finora, dovremmo chiedere ai clienti degli ultimi cinque anni un rimborso per l’Iva che non hanno pagato. Qualcosa di assurdo. Dovremmo metterci a telefonare a tutti? È impensabile. Si creerà una situazione di confusione assurda. Temiamo che finirà per pesare anche sulle nostre tasche, perché comporterà da parte nostra un enorme lavoro in più. Inoltre - aggiungono - d’ora in poi i potenziali clienti vedranno aumentare le tariffe. Su una media di mille euro di costo per una patente, dovranno sborsare circa 200 euro in più».
Ma quello che più spaventa i titolari delle varie strutture è proprio la retroattività. «Ricordiamo - dicono - che l’Iva in questo settore è stata tolta negli anni ’90. E ora ce la richiedono. Immaginiamo la sorpresa degli utenti, di chi aveva preventivato di spendere una certa cifra e ora verrà invitato a mettere mano al portafoglio. Non si capisce ancora se saremo noi a dover richiedere la somma aggiuntiva. E se la persona non vorrà pagare? Se non troveremo chi ha seguito i corsi da noi? ».
Una discussione inizialmente rimbalzata dalla Germania alla Corte di Giustizia. «Tutto è nato quando un collega tedesco, che paga l’Iva, ha sollevato la questione - ricorda Paolo Crozzoli, coordinatore regionale Confarca -, ma il vero problema è che poi l’iter non è stato chiaro. La richiesta di retroattività ha scatenato un delirio totale. Va a modificare i progetti economici di migliaia di famiglie che hanno sostenuto, magari con grossi sacrifici, una certa spesa, e ora rischiano di vedersi chiedere soldi in più. Inoltre c’è il pericolo che venga chiesto alle autoscuole di integrare le note nei bilanci. Ma tutte li hanno già chiusi e non possono scorporare l’Iva, che per altro non hanno incassato».
Le associazioni del settore promettono battaglia e chiedono anche il supporto delle realtà di tutela dei consumatori. «C’è stato un precedente anni fa - aggiunge Crozzoli - che ha riguardato la categoria dei medici: alla fine in quel caso il retroattivo è stato archiviato. Auspichiamo che la politica intervenga anche per noi con un decreto ad hoc. Intanto lavoreremo per trovare una risoluzione possibilmente in tempi brevi». –
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