Scatta il ricorso sui nuovi tagli ai vitalizi

Inasprite le riduzione fino al 2018. Ma l’associazione dei consiglieri avverte: «Mai coinvolti, opporsi diventa inevitabile»
Il consiglio regionale
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TRIESTE. Il “pacchetto” taglia-vitalizi è chiuso. I diretti interessati non fanno salti di gioia, ma alla fine i gruppi (la firma sotto i 12 articoli della proposta di legge per la riduzione degli assegni è di Marini, Colautti, Shaurli, Agnola, Lauri, Paviotti, Violino, Cargnelutti e Gabrovec), eccezion fatta per il M5S, condividono le percentuali di erosione alle pensioni degli ex consiglieri: da un minimo del 6% a un massimo del 22,5%.

Sacrifici chiesti fino al 30 giugno 2018, poi si vedrà, e superiori a una precedente bozza. Al punto che l’associazione degli ex consiglieri ha ormai pochi dubbi: «Il ricorso pare inevitabile». L’ultima versione del testo (il 22 gennaio il deposito, il 29 la commissione, il 5 febbraio il voto in aula) conferma le percentuali di riduzione per chi ha un solo vitalizio: chi porta a casa un assegno inferiore ai 2mila euro lordi al mese perderà il 6%, chi viaggia tra i 2 e i 4mila euro il 9%, chi tra i 4 e i 6mila il 12%, chi va oltre i 6mila il 15%.

Peggiora invece il taglio ai beneficiari di doppio vitalizio. L’ulteriore percentuale di contenimento dell’assegno sale dal 40% di cui si era parlato fino a lunedì scorso al 50%. Cosicché, nel caso di cumulo di pensioni da ex eletto di piazza Oberdan e da ex parlamentare, per gli importi fino a 2mila euro il prelievo diventa del 9%, tra i 2 e i 4mila del 13,5%, tra i 4 e i 6mila del 18% e oltre i 6mila del 22,5%. Tutto questo fino al 30 giugno 2018, quando i nuovi governanti dovranno intervenire nuovamente in materia.

Un’altra questione risolta è quella dell’età. Confermato che il vitalizio potrà essere incassato solo dal 65esimo anno, e quindi 5 anni in più di quanto è successo finora, il gruppo tecnico ha deciso la penalizzazione da applicare per ogni anno di anticipo dell’assegno: il 2,5%. A poter incassare la pensione già a 60 anni (rinunciando appunto al 2,5% dell’importo maturato per ciascun anno di anticipo) saranno però solo gli ex consiglieri che abbiano versato contributi, anche volontari, per almeno 9 anni, 6 mesi e un giorno.

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Tutto confermato, inoltre, per quel che riguarda la reversibilità. La legge 38 del 1995 dispone il diritto a conseguire una quota pari al 60% dell’assegno, nel caso di morte del consigliere, per il coniuge o il convivente more uxorio; i figli fino a 18 anni; i figli fino al ventiseiesimo anno se studenti o titolari di reddito inferiore a quello previsto per le persone fiscalmente a carico; i figli inabili al lavoro. Gli interventi correttivi prevedono la cancellazione dell’espressione «more uxorio» (pensione solo ai coniugi) e il tetto massimo, per i figli, del diciottesimo anno di età. Più o meno digerita, questa è la proposta che arriverà all’attenzione del Consiglio (il vicepresidente Paride Cargnelutti sarà il relatore unico). Una mediazione osservano alcuni eletti di lungo corso, «tra la volontà di moralizzazione e l’attenzione a evitare la demagogia dei grillini». «Stiamo dimostrando una volta di più la giusta attenzione ai risparmi complessivi che per diversi fattori, non da ultima la situazione contingente di crisi, sono necessari», sono le parole del presidente Iacop.

L’inasprimento di ieri, tuttavia, alimenta la resistenza degli ex consiglieri. Pietro Arduini, il presidente dell’associazione che li riunisce, preferisce attendere il testo ufficiale, ma già afferma: «Premesso che nessuno ci ha minimamente coinvolto, mi pare di capire che si ricorrerà, dato che non risulta essere stata tenuta in conto alcuna penalizzazione del passato». Il riferimento è all’autoriduzione del 10% in era Illy e al blocco dell’importo della pensione per quasi dieci anni. Arduini “sfida” anche gli eventuali contrari al ricorso: «Dimostrino che il loro non è un atteggiamento di comodo e rinuncino dunque sin d’ora ai benefici di una possibile vittoria legale».

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