Scatta il processo bis per il tassista ucciso “Abbreviato” per Fiore

Rito speciale davanti al gup per il presunto secondo killer Aspetterà il giudizio in libertà come disposto dalla Cassazione
Di Piero Rauber

È finito ufficialmente a processo a un pugno di giorni dal deposito delle motivazioni con le quali la Cassazione, evocando una sostanziale pochezza d’indizi, aveva spiegato perché lui avrebbe comunque avuto il diritto di aspettare a piede libero un’eventuale sentenza a proprio carico. Una serie d’incroci di calendario sta continuando a tenere in “prima pagina” suo malgrado il quarantaduenne Antonio Fiore, secondo indagato e adesso imputato dopo Fabio Buosi (unico condannato con una sentenza passata in giudicato e già scontata) per l’assassinio del tassista Bruno Giraldi, nella notte tra il 22 e il 23 novembre del 2003.

Proprio ieri, infatti, in occasione di un’udienza preliminare fissata da mesi davanti al gup Giorgio Nicoli, per Fiore è arrivato tecnicamente il giorno del rinvio a giudizio, sulla scia di quanto avevano chiesto i pm Lucia Baldovin e Federico Frezza, i due magistrati della Procura che l’anno scorso, insieme agli uomini della Squadra mobile della polizia e del Nucleo investigativo dei carabinieri, avevano riaperto il caso Giraldi. “Anton” - questo il soprannome con il quale era conosciuto a suo tempo Fiore dalle forze dell’ordine - sarà dunque processato per l’ipotesi di reato di omicidio volontario, e la prima udienza a tale scopo è stata già calendarizzata per il 23 febbraio del prossimo anno. Ma questo processo - sulla scia in questo caso di quanto ha chiesto invece il legale che lo difende, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano - sarà celebrato con il rito abbreviato, sulla base pertanto degli elementi investigativi esistenti a oggi, allo stato degli atti, senza che si rinnovi una cosiddetta istruttoria in corso di dibattimento ordinario davanti ai giudici. Il Codice d’altronde dà diritto alla difesa di chiedere tale opzione e così è stato, sicché il gup Nicoli (era di fatto scontato il rinvio a giudizio) ha disposto per l’appunto il rito abbreviato su istanza dell’avvocato de’ Manzano. La decisione è maturata al termine di una breve udienza quasi “pro forma” (era altrettanto annunciata, o quasi, l’intenzione della difesa di chiedere l’abbreviato) celebrata al mattino a porte chiuse alla presenza, oltre che del giudice Nicoli, del pm Baldovin, dell’avvocato de’ Manzano (“Anton” non c’era e non aveva l’obbligo di esserci) e della moglie e della figlia del tassista, presenti esclusivamente come parti offese ma senza un legale al seguito posto che non hanno optato per un’istanza di costituzione di parte civile a processo. Processo che, a questo punto, “vivrà” come detto su un paio di elementi-chiave, ovvero quelli fin qui raccolti in corso d’indagine: la presunta arma del delitto e le accuse di un ex amico di Fiore. Gli stessi elementi che la Cassazione - nel respingere il reclamo della Procura contro la scarcerazione di “Anton” disposta dal Tribunale del Riesame dopo che lui era stato indagato - ha ritenuto essere indizi non sufficienti per decidere di negare la libertà a un sospettato in attesa che se ne celebri il relativo processo. L’arma del delitto, una Beretta 7.65 con matricola abrasa, ritenuta dai Ris quella che uccise Giraldi, era stata pescata meno di due anni fa a casa di un pusher. La proprietà di tale pistola, era stata quindi ricondotta allo stesso “Anton” ma non v’è certezza, come sostiene la difesa, che al tempo dell’assassinio del tassista essa fosse nelle disponibilità di Fiore né che Fiore fosse vicino a Giraldi la notte in cui quest’ultimo fu fatto fuori. La seconda “prova” è, per intanto e per quanto è dato sapere, la parola di una persona contro quella di un altro. Il grande accusatore di “Anton” è un suo ex amico, che ora vive a Napoli, e che a poliziotti e carabinieri ha spiegato di aver deciso di parlare soltanto dopo undici anni «perché avevo paura, ora mi sento pulito. Dopo circa due mesi (dall’omicidio, ndr) in un nostro incontro casuale mi ha detto testualmente: “Hai visto il telegiornale?”. E poi: “Ho ammazzato io quel tassista”. Gli ho chiesto: “Cos’hai combinato?”. Fiore ha risposto con un “sì”. Io sono rimasto senza parole, non sapevo che cosa dire». La Cassazione ha ritenuto queste parole di scarno contenuto in fatto di mera valenza indiziaria, definendo inoltre suggestiva la piega che chi stava interrogando l’ex amico di Fiore aveva forse dato all’interrogatorio stesso.

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