Scandalo a Belgrado: nel mirino il ministro che ha copiato parti della tesi di dottorato

Il cosiddetto Comitato etico dell’Università pubblica della capitale serba ha all’unanimità stabilito che Mali ha tenuto un «comportamento non accademico» nel lavoro di scrittura della tesi e ha richiesto al Senato accademico di annullare la sua tesi, che contiene ampi passi di altri autori, inseriti senza citare la fonte. Ma lui replica: «Decisione politica»

BELGRADO. Copiare parti di opere non proprie, ottenere ingiustamente titoli che danno prestigio. È un “vizietto” riprovevole che sembra essere piuttosto diffuso, nei Balcani e nell’intera Europa orientale, area scossa in questi anni da vari scandali con protagonisti leader politici, con posizioni apicali, uniti da un disonorevole filo rosso: la qualifica di plagiatore. Ultimo della serie, l’attuale potentissimo ministro serbo delle Finanze, Siniša Mali, titolare di un controverso titolo di dottorato da anni nel mirino della piazza. La sua tesi, intitolata “La creazione di valore attraverso il processo di ristrutturazione e privatizzazione” era piena di passi copiati da altri autori, aveva sostenuto già nel 2014 Rasa Karapandza, professore all’importante università tedesca Ebs e alla Nuyu di Abu Dhabi, docente che aveva fatto esplodere il caso.. Karapandza, mosso da sospetti sul lavoro di Mali, aveva indagato a fondo il testo. E scoperto, aveva scritto ai tempi, che «in quasi tutte le pagine della dissertazione» dell’attuale ministro, all'epoca sindaco di Belgrado, «c’erano ampie parti non originali», accusando poi Mali (piccolo, in serbo, ndr.) di essere «un grande plagiatore».

Caso Mali che ha tenuto banco per anni, tra polemiche politiche, proteste di piazza e degli studenti, persino l’occupazione dell’ateneo belgradese. L’acme, giovedì, quando il cosiddetto Comitato etico dell’Università pubblica della capitale serba ha all’unanimità stabilito che Mali ha tenuto un «comportamento non accademico» nel lavoro di scrittura della tesi e ha richiesto al Senato accademico di annullare la sua tesi, che contiene ampi passi di altri autori, inseriti senza citare la fonte. «Sono sopraffatto, positivamente sorpreso perché i professori erano sotto forte pressione da parte del governo e anche felice. Per cinque anni, solo per aver documentato il plagio, ho subito gravi minacce e il governo serbo ha chiesto alla mia università in Germania di licenziarmi, mentre la mia faccia è apparsa sui tabloid filogovernativi» che lo hanno attaccato gamba tesa, commenta Karapandza, che parla di «grande vittoria degli standard accademici, dell’onestà e dell’indipendenza accademica contro l’influenza politica».

Di parere opposto Mali, uomo vicinissimo a Vučić e pietra angolare dell’esecutivo Brnabić. Si tratta di una «decisione politica», ha detto il ministro, con Vučić che ha ribadito ieri il concetto, assicurando che Mali non perderà il posto da ministro. Caso Mali che non è isolato, a Est. Tutti, in Ungheria, ricordano lo scandalo che sette anni fa ha coinvolto l’allora presidente della Repubblica, Pal Schmitt, "copione" costretto alle dimissioni. Sempre nel 2012, anche l’allora premier romeno Victor Ponta era stato accusato di aver copiato metà della tesi di dottorato, poi annullata su sua richiesta. Nel suo esecutivo, un altro scandalo-plagio, quello che coinvolse il suo ministro dell’Educazione, Ioan Mang. Due anni dopo, nella più lontana Ucraina, era stato l’allora presidente Yanukovych a finire nel mirino degli "indignados" locali, che lo accusavano di detenere un sospetto titolo di dottore in Economia. Un altro caso, relativo a un master, aveva toccato nel 2015 anche la Slovenia, protagonista negativa la ministra dell’Educazione, Klavdija Markež. E la lista potrebbe continuare, aggiungendovi funzionari bulgari, politici slovacchi, ministri cechi. E ora pure potentissimi titolari di dicastero in Serbia, come Mali, con le opposizioni che ne chiedono la testa. —
 

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