Sbarca in città la Banca del Tempo per l’inclusione

Trenta studenti delle superiori e dieci coetanei con disabilità condivideranno un’esperienza formativa grazie a I Bambini delle Fate e Oltre quella Sedia



Un progetto dedicato all’inclusione sociale. È quanto verrà presentato domani all’istituto Da Vinci – Carli – Sandrinelli di via Veronese dall’associazione I Bambini delle Fate, in collaborazione con l’onlus Oltre quella Sedia. La Banca del Tempo Sociale, questo il nome dell’iniziativa, prevede che 10 ragazzi con disabilità e 30 delle scuole superiori vivano un’esperienza formativa, dedicando del tempo in modo organizzato e strutturato, gli uni assieme agli altri. Come compenso per questo impegno, a chi vi parteciperà verranno riconosciuti crediti formativi e consegnati dei premi, come dei buoni per l’acquisto di libri o di articoli sportivi mentre, ai più meritevoli, verranno assegnate delle borse di studio. «L’associazione I Bambini delle Fate sta portando avanti questo progetto di socializzazione in tutta Italia – spiega Marco Tortul, fondatore e presidente della onlus Oltre quella Sedia – per lo sviluppo del quale si appoggiano a una scuola superiore e a un’associazione della città a cui si rivolgono». A Trieste hanno chiesto per l’appunto l’aiuto dell’associazione Oltre quella Sedia, realtà resasi protagonista negli anni di significative azioni di rivitalizzazione di aree degradate della città.

I Bambini delle Fate, invece, è un’associazione fondata dal veneto Franco Antonello, papà del ragazzo autistico che ha ispirato Salvatores per il film “Tutto il mio folle amore”. Il percorso condiviso con i ragazzi delle superiori, però, partirà solo tra gennaio e febbraio. Un modo, questo, anche per prendere tempo e valutare come gestire la compresenza in tempi di distanziamenti dovuti al coronavirus. «Nell’incontro di presentazione – prosegue Tortul – individueremo i 30 alunni del triennio finale che collaboreranno con noi. Abbiamo scelto questa fascia d’età in modo che siano il più possibile coetanei dei nostri ragazzi». Gli alunni della scuola verranno poi coinvolti in gruppi, in modo da superare il rapporto “uno a uno” che troppo spesso punta i riflettori solo sulla persona che necessita d’aiuto.—



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