Sbarca a Wall Street l’hi-tech di Area Science Park

MILANO. Sbarca a Wall Street la banda larga mobile Made in Trieste. In programma non c’è una quotazione in Borsa, almeno non per il momento. Ma la ricerca di una vetrina per attrarre investimenti e poter crescere ancora. E di strada i ragazzi di Athonet ne hanno già fatta parecchia. Sono arrivati a New York, insieme con il gruppo di 14 start up selezionate da Italia Camp per presentare l’eccellenza dell’hi-tech italiana, in un lungo percorso imprenditoriale che dalla Scandinavia li ha riportati in Friuli per andare oggi alla conquista nel mondo.
Gianluca Verin e Karim El Malki, papà egiziano e mamma veneta, cofondatori di Athonet e entrambi ingegneri, si sono conosciuti nel profondo nord, in terra di Svezia dove lavoravano nel dipartimento di ricerca e sviluppo di Ericsson. Da lì l’idea di portare in Italia qualcosa che mancava, una rete veloce, 3G e 4 G LTE, per le emergenze e per lo sviluppo delle città intelligenti del futuro. Nel 2005 il primo atto di fondamento della start up. E nel 2009 la messa in campo della sperimentazione creando, in cloud, una rete mobile privata dell’Area Sciente Park, l’incubatore di Trieste che ha ospitato Athonet sin dalla culla.
Il software della start up, che si chiama Primo, rete mobile compatta e trasportabile Umts/Hspa/Lte, è stato utilizzato dalla protezione civile del Friuli Venezia Giulia durante la gestione del post terremoto a Mirandola. Per questa collaborazione Athonet è stata insignita della medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica. «Questa è la nostra nicchia di mercato- spiega Gianluca Verin – portare banda larga ultraveloce, anche in 4G Lte, in zone di emergenza, dove i grandi operatori non hanno ancora sviluppato, per ragioni di costi, reti alternative a quelle commerciali».
Ma non solo. La soluzione di Athonet funziona anche in zone rurali, ed è già operativa in alcune aree degli Stati Uniti, dove i big delle telecomunicazione non arrivano. Il prossimo progetto in cantiere è in Brasile, in una zona urbana del paese sudamerica. «Le smart city del futuro saranno delle piazze aperte dove tutte le cose dialogheranno tra loro e si scambieranno dati. Per sostenere questo flusso di comunicazioni ci vogliono infrastrutture e noi ci candidiamo a offrire questo servizio».
Athonet ha raggiunto il break even da un paio di anno, e riesce a generare un utile che viene reinvestito in ricerca e nuove tecnologie. La via americana potrebbe portare in casa nuovi investitori. Perché negli Usa c’è fame di idee e non mancano i soldi per i finanziamenti. Tanto per dare un’idea, nel 2013 l’ecosistema delle start up europeo ha raccolto 36 miliardi di dollari. Una cifra ragguardevole. Ma se comparata agli investimenti a stelle e strisce nello stesso periodo in star up, pari a 1.777 miliardi di dollari, fa emergere tutto il gap tecnologico e innovativo che separa le due sponde dell’Atlantico.
L’Italia giovane e hi-tech che fa impresa muove i primi passi. Il governo Monti ha creato un registro apposito concedendo alcune agevolazioni fiscali. Le iscrizioni camerali ammontato a circa 1700 start up. Le nuove start up nate negli ultimi 12 mesi e iscritte al registro sono state invece 752: in pratica ne nascono 2 al giorno. Al top delle iscrizioni ci sono la Lombardia con 328 start up, seguita a debita distanza da Emilia Romagna con 176 iscrizioni e dal Lazio con 169. Sotto il podio Veneto (140) e Piemonte (131). In coda il Molise con 9 start up, la Basilicata con 8 e la Valle D'Aosta con 5 iscrizioni nel Registro. Di queste una cinquantina sono di base in Friuli. Ad Athonet spetterà il compito di metterle tutte “in rete”.
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