«Savarese non ha evaso» La conferma in Appello

Assolto, anche in Appello, dalle accuse di evasione fiscale per oltre 360mila euro. La sentenza dei giudici della Seconda sezione penale mette la parola fine a questa vicenda giudiziaria che ha...

Assolto, anche in Appello, dalle accuse di evasione fiscale per oltre 360mila euro. La sentenza dei giudici della Seconda sezione penale mette la parola fine a questa vicenda giudiziaria che ha riguardato l’imprenditore Pietro Savarese, 54 anni, gestore di alcuni ristoranti in città (la più famosa è la pizzeria Peperino di via Coroneo), difeso dall’avvocato Raffaele Corrente. A proporre ricorso era stata il pm Lucia Baldovin che, nell’appello ai giudici di secondo grado, aveva ritenuto erronea la lettura e la valutazione degli atti in primo grado relativamente all’accusa allo stesso Savarese di aver occultato la documentazione contabile dell’impresa a partire dal 2008. Ma - appunto - per i giudici d’Appello la responsabilità indicata non sussiste.

Nell’estate del 2013 all’imprenditore era stata sequestrata la somma di 361.867 euro perché, secondo le indagini coordinate appunto dal pm Baldovin, non aveva praticamente pagato le tasse nel 2008 e nel 2009. Ma in realtà le tasse erano state regolarmente pagate. Savarese era stato accusato anche poi di aver occultato e distrutto la documentazione contabile relativa all’impresa Pass di cui era titolare. In particolare, come detto, il pm nel capo d’imputazione aveva contestato la mancata presentazione della denuncia dei redditi del 2008 e del 2009.

La verifica degli investigatori era poi stata estesa anche ai redditi personali di Savarese. Lo stesso aveva infatti dichiarato che i movimenti riscontrati sui conti correnti individuati dalla Guardia di finanza durante il controllo erano riferibili unicamente alla propria personale attività economica in qualità di imprenditore, in particolare riferita all’intermediazione di generi alimentari che aveva un giro d’affari collegato a un indirizzo svizzero. Ma anche questa attività è stata ritenuta legittima dai giudici sia di primo grado che, a questo punto, di appello.

L’inchiesta del pm Baldovin aveva avuto origine da un primo controllo fiscale sulla società Pikkius Srl nella quale Pietro Savarese ha ricoperto il ruolo di vicepresidente del Cda. Si tratta della stessa società finita nello scorso settembre nel mirino della Procura in un’indagine di riciclaggio. In quei giorni di luglio era scattata una perquisizione disposta dal pm Federico Frezza con il coordinamento del procuratore capo Carlo Mastelloni nel corso della quale erano stati sequestrati alcuni documenti riguardanti, secondo l’accusa, una sorta di contabilità parallela. «Macché - aveva ironizzato Savarese - se fossi un ricco criminale non lavorerei dalle nove e mezza di mattina a mezzanotte ogni giorno, non pagherei un mutuo per la casa». (c.b.)

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