Sarti e calzolai in periodo di crisi tornano in auge
In tempi di crisi si guarda al passato e a quei mestieri spesso dimenticati dai giovani, ma dove le richieste non mancano. A Trieste cresce la domanda per le sartorie, spesso per semplici interventi che permettono di salvare un capo d’abbigliamento senza doverlo buttare o sostituire con uno nuovo, mentre resistono i calzolai, rimasti ormai pochi in città, ma ancora con una clientela affezionata ed esigente. Insomma toppe e rattoppi in tempi di crisi vanno forte. A rendersene conto sono stati in questi ultimi mesi soprattutto gli stranieri, che hanno sfruttato il trend, dando vita a nuovi laboratori dediti a piccole riparazioni, come molti sarti, spuntati soprattutto nella zona di barriera Nuova e barriera Vecchia.
È il caso, ad esempio, dei cinesi. «Sono qui da sei mesi – spiega il giovane Marco Hu, in via Donadoni – sono tante le persone che chiedono servizi, soprattutto negli ultimi mesi. So che a Trieste ci sono altre sette-otto sartorie gestite dai cinesi. Qui da me si punta sui prezzi bassi, ad esempio due euro l’orlo dei pantaloni, e il lavoro non manca».
«In questa zona ne hanno aperti tanti di laboratori – spiega la titolare della sartoria di viale d’Annunzio 28 – molti sono stranieri perché lo stesso rione è caratterizzato da molti stranieri. E la clientela di conseguenza penso sia differente a seconda della gestione. Da noi comunque i piccoli interventi vanno per la maggiore. Siamo aperti da diversi anni e rispetto a un tempo le persone cercano con più frequenza di conservare i capi che preferiscono, chiedono di sistemarli senza spendere troppo. Credo però – aggiunge – che molti comincino anche a darsi da fare da soli per risparmiare».
«La gente arriva sempre, magari per piccole cuciture, come gli orli o per accorciare altri indumenti – spiegano dai negozi Lava&Cuce dei centri commerciali Giulia e Torri d’Europa – e per semplici riparazioni. Abbiamo molti clienti abituali e si lavora di più in periodi come questo, caratterizzati da vendite promozionali o saldi». E nei vari rioni tornano, come una volta, anche le donne che in casa hanno allestito angoli con la macchina da cucire, per effettuare lavoretti a domicilio o per sfruttare il tempo libero per arrotondare, magari con un passaparola nel vicinato o tra le amiche.
Diversa la situazione dei calzolai, diventati quasi introvabili in città, decimati un po’ dalla crisi generale, un po’ dalla mancanza di un ricambio generazione, ma ancora richiesti. «È un’attività che a Trieste negli ultimi anni è andata gradualmente esaurendosi - spiega il titolare di Lipi Due di via Madonnina 9 – perché i tempi sono cambiati e le persone tendono sempre più, nei periodi di difficoltà, a comprare scarpe economiche, e in tal senso i negozi offrono calzature a basso costo. Questo però non esclude il fatto che gli interventi manuali, quelli artigianali, servono. Gli acquirenti ci sono, io lavoro da 22 anni e grazie alla passione e alla dedizione ho i miei clienti affezionati. Naturale poi che bisogna ampliare la gamma di offerte, con risistemazioni che riguardano tutta la pelletteria, dalle borse alle cinture».
«Il lavoro c’è ma non come una volta e nella nostra categoria siamo rimasti in pochissimi – sottolinea il calzolaio di piazza Carlo Alberto – nonostante i clienti arrivino, anche dalla Slovenia, dobbiamo fare i conti con la crisi, determinata spesso dal costo della stessa attività».
E la speranza per il settore è che tasse e rincari non facciamo “le scarpe” pure ai calzolai.
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