«Saragozza, con la vittoria infrastrutture e debiti»

Il bilancio per la città che si aggiudicò l’Esposizione: assai migliorati i collegamenti, ma il Comune spagnolo si è fortemente esposto con le banche

A Saragozza soffia un vento molto simile alla bora di Trieste che si chiama Cierzo e porta l'aria fredda che dal mar Cantabrico si travasa nella valle dell'Ebro. È in una giornata autunnale sferzata da queste raffiche che il parco dell'Expo esprime tutta la sua attuale insussistenza.

David Lopez, giornalista del Periodico de Aragón che si è occupato del tema dell'Expo “zaragozano”, guarda verso l'ex parco tematico: «Sono stati spesi più di 750 milioni di euro e nel dopo Expo gli edifici sono stati occupati per non più del 60% del costruito». E così la “Torre del agua”, edificio a forma di goccia d'acqua, tema scelto per l'Expo del 2008, è solo un piccolo grattacielo inutilizzabile proprio a causa della sua forma "antiergonomica".

Non è questo il solo edificio a subire passivo l'incuria del tempo, spiega Lopez: «In realtà questa del 60% è una percentuale fasulla, in quanto la riutilizzazione è affidata alla cosiddetta "Cittadella della Giustizia". In pratica si sono trasferiti lì buona parte degli uffici del tribunale, un gioco di vasi comunicanti, così ora si sono svuotati gli uffici che prima sorgevano in centro, ma almeno si dà l'impressione a chi viene da fuori che la zona sia viva. Il paradosso però è che essendo il parco dell'Expo di proprietà per il 97% della Giunta di Aragona in pratica è lo Stato che paga l'affitto a se stesso».

La “Torre del agua” è l'emblema delle negatività dell'Expo, ma non è l'unico. Dalla stazione intermodale de Las Delicias parte un'ovovia lunga quasi un chilometro che conduce direttamente al "meandro de Ranillas", sede dell'Expo. Costerebbe troppo toglierla (oltre al milione di euro) così il Comune ha deciso di lasciare che le cabine ciondolino sballottate dal vento, fino a quando saranno l'incuria e la forza di gravità a decidere quale sarà il momento propizio per riportarle al suolo.

«L'Expo per certi versi è ancora una ferita aperta - continua Lopez - ha portato tanto alla città in termini di infrastrutture, ma anche molti debiti per il Comune e per la comunità autonoma di Aragona. Ciò nonostante la cittadinanza è orgogliosa di essersi aggiudicata questo evento». Già, le infrastrutture, pare proprio che almeno in questi termini il capoluogo dell'Aragona ne abbia guadagnato parecchio. Nel periodo tra il 2005 e il 2008 sono state costruite opere che altrimenti la città non avrebbe avuto per molti anni a venire, come la tangenziale attorno alla città prima inesistente, l'interramento per otto chilometri della linea ferroviaria e la relativa stazione intermodale semi sotterranea, il nuovo aeroporto, serpentine di piste ciclabili, due lungofiume, quattro ponti sull'Ebro, la zona industriale.

«Il vero problema - dice Lopez - è stato il sovradimensionamento di queste infrastrutture. Per esempio dei quattro nuovi ponti sull'Ebro, quello più ad est prevedeva una diga che trasformasse l'acqua in energia che però non ha mai funzionato, mentre quello più ad ovest è stato chiuso per problemi di stabilità. Opere che sono costate 90 milioni. Oppure la stessa zona industriale fantasma, o l'aeroporto che ospita la bellezza di otto voli al giorno».

Questo investimento sproporzionato alle sue capacità il Comune di Saragozza, che fra il 2004 e il 2008 ha investito il 15% dei 750 milioni di euro complessivi, lo sta ancora pagando e lo farà ancora per molti anni, complice la crisi economica sopravvenuta proprio a cavallo dell'esposizione tematica. L'amministrazione comunale, infatti, credeva nella riutilizzazione dei terreni dell'Expo per fini industriali, fatto che avrebbe riportato nelle casse del Comune buona parte del denaro speso.

Il sopraggiungere della crisi però ha dato il colpo di grazia a questa aspettativa e così il Comune non trovando acquirenti per gli spazi espositivi si è esposto nei confronti delle banche per più di miliardo di euro.

«È necessario però - conclude Lopez - mettersi nei panni di chi governava in quegli anni, agli inizi degli anni Duemila: la Spagna era in forte ascesa economica e si credeva che la costruzione di tutte queste infrastrutture non sarebbe pesata più di tanto sul contribuente. Perciò la domanda più pertinente da porsi sarebbe piuttosto: era proprio necessario indebitarsi così tanto per ottenere tutto questo?». Una domanda alla quale si può rispondere solamente con la logica dell'attualità che è ben diversa dall'ottimismo esasperato di inizio anni Duemila.

C'è però un aspetto dell'Expo che ha influenzato in maniera positiva la popolazione di Saragozza: grazie alla stessa la città ha fatto pace con il proprio fiume, elemento che prima della manifestazione era visto solamente come una cesura che la tagliava in due, mentre adesso è vissuto come uno dei cardini della città. Il che, considerando come il tema dell'Expo era proprio l'acqua e lo sviluppo sostenibile, è un bel passo in avanti.

Lorenzo Degrassi

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