Sarà un Natale sobrio: cenone senza eccessi con più cibo di qualità
TRIESTE. Italiani un po' più sobri e un po' meno festaioli a Natale nel sondaggio Waste Watcher del dicembre 2016: secondo i 2/3 degli intervistati (66%) il Natale non è più sinonimo di opulenza e benessere. Ci sono meno aspettative per i regali e più attenzione al cibo buono. Ma c'è anche molta attenzione a non sprecarlo. Il mix fatto di crisi e maggiore sensibilità al valore del cibo rende dunque gli italiani più giudiziosi. A prevederlo anche Adoc. Rispetto allo scorso anno infatti le famiglie italiane taglieranno sensibilmente la spesa per il 25 dicembre, riducendola in media di un quarto. Risparmiando sulla quantità delle leccornìe ma puntando sulla qualità e sulla tradizione. "Per i cenoni e pranzi delle Feste prevediamo una riduzione del 7% della spesa da parte delle famiglie italiane. Una scelta legata alla necessità di risparmiare ma anche ad una nuova sensibilità alimentare - dichiara Roberto Tascini, presidente dell'Adoc - difatti la tendenza sarà ridurre la quantità puntando sulla qualità dei prodotti e sul recupero dei piatti poverì tradizionali.
Ma cosa sprecano o cosa ritengono di sprecare gli italiani a Natale? Denaro, soprattutto (44%) e poi cibo (42%). Carta e imballaggi per il 12%. Le campagne di sensibilizzazione avviate stanno raccogliendo alcuni frutti: il 45% degli italiani vive lo spreco come un “problema”. La percentuale di chi insegna ai figli a non sprecare, in un anno è passato dal 62% al 78%, indice di un'attenzione cresciuta che si vuole tramandare come bagaglio culturale alle prossime generazioni. A incidere sul groppone del mangiare finito nelle immondizie soprattutto le famiglie.
L'Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg racconta, attraverso il rapporto 2016, la percezione dell'Italia con i sondaggi eseguiti. Il rovescio della medaglia sono i sei milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anno. Sono 16 miliardi, ovvero l'1% del Pil, gli euro che corrispondono allo spreco totale, di cui 12 in termini reali corrispondono a quelli gettati dalle famiglie. Alla filiera sono imputati dunque "solo" quattro miliardi, a partire dai campi in cui si coltiva, passando per l'industria fino alla distribuzione. «I nuclei famigliari in Italia sono circa 25 milioni, quindi si fa presto a fare cifre così - spiega Maurizio Pessato, presidente dell'Istituto Swg -. Certo che c'è uno spreco legato alla grande distribuzione, ma è sicuramente una quantità inferiore rispetto ai nuclei singoli e quelli con tanti figli.
Bisogna certamente ridurre una certa quota e aumentare l'attenzione: tutti questi anni di sensibilizzazione portano oggi a far sì che qualcosa si muova anche nelle scuole e nelle mense scolastiche». L'Osservatorio valuta infatti un'attenzione al valore del cibo nel 2016 in aumento del 3% rispetto all'anno scorso da parte delle famiglie. Ma cosa butta via la gente? Frutta (31%), insalata (29%) e verdure in generale (19%) in primis. Ma anche pane (17%), seguito poi da affettati e formaggi (16%), latticini come mozzarella e ricotta (14%), yogurt (12%), latte (10%) e pasta già cotta (9%), cioè quella che una volta rimasta nel piatto finisce le immondizie. A seguire poi la carne, altri alimenti come le uova e i dolci. Tra le due ragioni principali dello spreco gli italiani motivano alimenti che hanno la muffa oppure il fatto che frutta e verdura vanno male. Ci vuole dunque più attenzione.
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