Sappada tenta il “piano B” con il ministro
TRIESTE. «Se sono rassegnato? No, realista». Il sindaco di Sappada Manuel Piller Hoffer sa che a Roma la pratica del passaggio della località bellunese al Friuli Venezia Giulia corre il rischio insabbiamento. E allora, davanti al ministro per gli Affari regionali Enrico Costa, pur ribadendo che «il parlamento deve chiudere l’iter e dare a Sappada quello che Sappada legittimamente chiede», apre il dossier fondi: «Non cerchiamo contentini, ma un ragionamento a livello di provincia di Belluno. Non è possibile che i comuni confinanti con Trento e Bolzano si dividano decine di milioni e a noi non arriva un euro». Il ministro ascolta e rilancia: «Sui fondi di confine va aperta una riflessione per verificare lo storico e l’equilibrio di questa soluzione». A Udine, nel Palazzo della Regione, non può essere altro che un confronto istituzionale. «Positivo e cordiale», dicono entrambi. Il sindaco consegna un documento con una raccolta firme di 400 cittadini e spiega il caso Sappada, dal referendum del 2008 allo stallo parlamentare, con conseguenti «possibili manifestazioni a oltranza dei comitati referendari». Il ministro prende atto, dice di comprendere istanze e preoccupazioni, ma fa sapere che il governo non si può esprimere: «Bisognerà attendere il passaggio parlamentare, spetta alla conferenza dei capigruppo del Senato calendarizzare il provvedimento». Con la lettera in tasca di Debora Serracchiani, consegnatagli ieri mattina in piazza Oberdan, Costa aggiunge: «Leggerò con attenzione, cercando poi di dare un riscontro alla presidente Serracchiani, che ha avuto il garbo di sottopormi le sue valutazioni».
Se la situazione, almeno sull’asse con il governo, è congelata, non resta che aprire il capitolo delle alternative. Ed è quello che in una ventina di minuti di incontro fanno i due interlocutori. Il tema è quello del cosiddetto Fondo Brancher, un’ottantina di milioni all’anno che le autonomie del Trentino Alto Adige versano per sostenere progetti nei comuni bellunesi (ma anche vicentini e veronesi) per un totale di 48 amministrazioni interessate, tutte confinanti con Trento e Bolzano. L’obiettivo è di garantire perequazione e solidarietà tra chi ha le risorse consentite dalla specialità e chi invece non le ha. Visto l’importo, si tratta molto più di un contentino. E Sappada, che può solo limitarsi ad assistere, se ne rende ben conto. «Sia chiaro che non vogliamo che vengano tolti i soldi sull’altro confine - precisa Piller Hoffer -; rileviamo però che o si pensa a un fondo perequativo nell’intero territoriale provinciale o si continuerà ad alimentare i malumori dei montanari di serie B nei confronti di quelli di serie A. Del resto, in un incontro con il sottosegretario Bressa, avevamo avvertito che la vicenda Sappada, se non fossero stare previste soluzioni alternative, avrebbe creato non pochi problemi. Esattamente quello che sta succedendo».
Costa non entra nel merito e non promette nulla. Ma apre un primo ragionamento su come vengono distribuiti i soldi al confine con il Trentino Alto Adige: «Voglio studiare bene la materia e verificare se viene raggiunto l’obiettivo che si era posto all’inizio. Per tutte le norme, è giusto fare dei tagliandi». Chissà che dopo questo esame non si passi a valutare misure a favore dei comuni confinanti con il Friuli Venezia Giulia. «L’importante è che non finisca tutto con le accuse a Sappada di avere aperto un precedente senza che ci venga riconosciuto alcunché. I cittadini hanno bisogno di risposte, non di favole», conclude Piller Hoffer.
A Udine Costa, prima di un convegno sulla famiglia, incontra anche Pietro Fontanini. Il presidente della Provincia di Udine incalza a sua volta su Sappada con un applauso a Luca Zaia, «vero autonomista», e una stoccata a Serracchiani: «Ha chiesto il Bellunese, ma ci saranno solo polemiche. Quante Uti riuscirà a fare in quella provincia?». Dopo di che sottopone al ministro anche un’altra questione, quella dell’«esproprio proletario» da parte della Regione Fvg delle quote di Autovie Venete detenute dagli enti di area vasta. Per Udine si tratta di azioni (acquistate nel lontano 1954) che valgono oggi 2,4 milioni di euro. «Ho detto al ministro che, se ci sottraggono le quote senza remunerazioni, lo riterremo un atto incostituzionale - dichiara Fontanini -. Non ci hanno ancora abolito, non possono cancellare una parte del nostro patrimonio».
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