Sappada conquista il Friuli Venezia Giulia
ROMA. Sappada è in Friuli Venezia Giulia. Ci sono voluti cinquanta mesi di iter parlamentare per avere il via libera definitivo della legge che sancisce il trasferimento del comune nella nuova regione. “Distacco” dal Veneto, dicono i contrari, “ritorno” in Friuli Venezia Giulia le parole usate dai favorevoli che ieri nell’aula di Montecitorio hanno festeggiato. I sì alla legge, incardinata nell’aula del Senato nel mese di ottobre del 2013, sono stati 257 a fronte dei 20 no e 74 astenuti. Una maggioranza schiacciante, nonostante i molti malumori e i dubbi sollevati in maniera trasversale in quasi tutti i partiti.
In ballo non c’è solo la richiesta di Sappada ma anche una battaglia di territorio e una lotta di consensi: un po’ tutti si accorgono all’improvviso di avere un collegio elettorale e così il Transatlantico è insolitamente affollato, la cronaca della giornata comincia alle dieci, primo punto dell’agenda di Montecitorio. La legge arriva finalmente in aula dopo una decina di giorni di rinvio per dare l’ultima chance al Consiglio regionale del Veneto e consentire una nuova decisione che però non arriva.
Il testo che recepisce il referendum votato dai sappadini oltre nove anni fa, ha resistito agli ultimi assalti e richieste di rinvio anche nel rush finale di ieri mattina. Bocciata l’ennesima sospensiva chiesta dal deputato Domenico Menorello di Scelta Civica per un ritorno in commissione per gli approfondimenti già noti sui presunti “vizi procedurali”. Proposta respinta, così come gli altri emendamenti, che chiedevano di rendere meno traumatico il passaggio di un unico comune verso il Friuli Venezia Giulia, ripristinando lo stanziamento di un fondo per i paesi frontalieri del Veneto. Nulla da fare, l’aula ha respinto le modifiche a firma dei deputati Pd Roger de Menech e Simonetta Rubinato così come quelle di Menorello che hanno insistito fino all’ultimo nel chiedere una legge di rango costituzionale. Fallisce anche l’ultimo assalto sul voto segreto, chiesto in virtù delle minoranze linguistiche, negato però dalla presidenza di Luigi Di Maio.
Il passaggio di Sappada lascia il segno soprattutto tra i banchi del Pd dove si registrano forti malumori. Molti veneti in dissenso votano contro, con Rubinato, De Menech e tanti altri onorevoli non partecipano al voto. Pure i dem marchigiani sono furenti perché la vicenda farebbe da apripista agli altri comuni del Pesarese che vorrebbero andare in Emilia Romagna.
I tabulati d’aula svelano che, dei 283 deputati del Pd, dicono sì solo in 150, mentre altri 131 (tra missioni e non votanti) disertano. Contro le indicazioni di partito in 7, quasi tutti veneti. «Stiamo facendo un grandissimo favore a Massimiliano Fedriga. Ecco in regalo la regione Friuli Venezia Giulia» è la critica che sembra diretta al capogruppo dem Ettore Rosato che ha guidato il voto a favore. Il capogruppo della Lega è tirato in ballo per le ambizioni alla presidenza della Regione.
Con il passaggio di Sappada si dice che guadagnerà molti consensi e per questo lo temono anche da Forza Italia che non vuole consegnare la terza regione del nord a Salvini. Nelle ultime settimane un attivissimo Renato Brunetta ha provato a mettere il freno alla legge ma ieri non era in aula e ai suoi deputati ha indicato l’astensione. Leghisti a favore «per rispettare il referendum sappadino» e pazienza se il governatore Luca Zaia e il suo Veneto non sono d’accordo: Umberto Bossi e Filippo Busin sono gli unici a votare contro. Il blocco dei favorevoli si chiude con Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle che con Federico D’Incà difende le ragioni di Sappada e giudica il passaggio «una rivoluzione nelle istituzioni».
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