Sapeva fondere velocità ed eleganza Blu di Moro la barca del suo cuore

Forse il modo migliore per ricordare un progettista è quello di nominare una per una le sue barche. Sfilano a memoria il veloce Trappola, lo storico Serbidiola (sette metri e mezzo, quarto alla...
Di Francesca Capodanno

Forse il modo migliore per ricordare un progettista è quello di nominare una per una le sue barche. Sfilano a memoria il veloce Trappola, lo storico Serbidiola (sette metri e mezzo, quarto alla Barcolana tanti anni fa), il piccolo Pink Storm, e poi G.Race, ma - su tutti -Blu di Moro, una delle più belle barche anni Novanta. E questo solo per le barche locali e made in Trieste. Le altre, a vela e a motore, navigano in tutti i mari italiani e all’estero, tutte legate da un disegno elegante e classico, ma con un cuore da corsa.

Roberto Starkel, progettista navale, appassionato di sub e di escursioni, se l’è preso la montagna il giorno di Santo Stefano. Niente di meno nautico in questa morte prematura, che ieri ha scosso tutto il mondo della vela.

Laureato in ingegneria navale nel 1977, nel 1982 Roberto Starkel aveva aperto a Trieste lo “Studio Starkel”: la progettazione nautica era iniziata nel modo più naturale, in Golfo e con barche a vela, per allargarsi poi ad altri settori, in particolare motoryacht e motoscafi, per seguire il mercato. Starkel è stato uno dei primi triestini a “uscire dal guscio”, a progettare negli anni Ottanta e Novanta scafi per armatori e cantieri non locali: era un innovatore, un appassionato di tecnologia, ricerca e sviluppo: molto focalizzato sul proprio lavoro, non amava etichette. Nei suoi uffici molti giovani ingegneri e architetti navali hanno fatto pratica, e molti giovani si sono ispirati a lui per creare un modello simile: liberi professionisti, progettisti pronti a stare sul mercato da freelance, ad avvicinarsi ai grandi cantieri.

Un mercato non facile, che Roberto Starkel aveva scelto di aggredire da Trieste, pur spostandosi continuamente per seguire la realizzazione dei suoi progetti. Ma il mare di Trieste era un campo di prova: usare la tecnologia di progettazione per realizzare barche veloci e “adriatiche”, quindi leggere per il poco vento, e con alberi altissimi per riuscire a catturare i refoli. È il caso di Pink Storm, barchino che per oltre vent’anni ha dominato nella classe più piccola la Barcolana, reggendo nel tempo a tutti gli avversari pari lunghezza per velocità, ed è il caso di barche che a Trieste hanno scritto pagine di storia della vela locale: dal Serbidiola a G.Race, al velocissimo Trappola, per anni praticamente invincibile in Golfo.

La ricerca della velocità in qualsiasi tipo di barca era un po’ il suo marchio di fabbrica: anche negli scafi a vocazione crocieristica, Starkel cercava (e trovava) la performance. Proprio questa caratteristica aveva attirato l’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema, che da Starkel si fece progettare il suo 60 piedi Ikarus: progetto fortunato alle soglie del Duemila, replicato in più esemplari. Poi, i motorsailer e gli scafi a motore: un passaggio “al di là della vela” che Starkel aveva effettuato seguendo il mercato, restando collegato ai nuovi trend, lavorando in particolare come progettista di alcuni dei più bei modelli a motore di Maxi Dolphin, eleganti, veloci, e performanti. Poi, se gli chiedevi cosa avesse nel cuore - con tutti quei motoscafi, ma anche vaporetti, e gommoni a chiglia rigida - ti rispondeva che erano le barche a vela, e una in particolare. Un padre non fa distinzioni, è vero, ma quel Blu di Moro gli era rimasto nel cuore. Quella bellissima barca a vela veloce eppure comoda, 52 piedi elegante, realizzata negli anni Novanta a Cervia in legno lamellare, e portata tante volte a regatare in Golfo. Erano gli anni dello yachting, gli anni degli armatori facoltosi e appassionati: di quella barca, e assieme a quella di un’altra soltanto, Starkel conservava a casa il modello in scala, forse a voler ricordare un grande traguardo, e un grande equipaggio che gli era rimasto nel cuore.

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