Sapelli: l’Europa potenza economica incompiuta

Nel dialogo con Giuseppe Bono i nodi dello sviluppo dell’Italia al quale manca una cultura del lavoro. Il Recovery Fund? «Pochi progetti, troppa finanza»
Lasorte Trieste 03/10/20 - Piazza Unita', Link, Premio Fieri a Giulio Sapelli, Giuseppe Bono, Fincantieri
Lasorte Trieste 03/10/20 - Piazza Unita', Link, Premio Fieri a Giulio Sapelli, Giuseppe Bono, Fincantieri

TRIESTE. L’Italia e l’Europa piegate dalla pandemia si salvano se guardano al Mediterraneo e a un futuro di sviluppo pensando ai giovani. É stato questo il filo che ha unito la conversazione fra lo storico ed economista Giulio Sapelli e Giuseppe Bono, Ceo di Fincantieri al Link Festival di Trieste: «L'Europa ha un futuro se diventa una potenza marittima. Dobbiamo tornare a essere protagonisti nel Mediterraneo», dice Sapelli pensando forse al mito e destino economico di Trieste, città dove ha iniziato la sua carriera accademica, e alla quale ha dedicato uno dei suoi saggi più importanti.

Ma come far ripartire l’Italia? Le risorse del Grean Deal e del Recovery Fund rappresentano anche una occasione per poter riportare fiducia negli investimenti da parte degli imprenditori privati. Su come utilizzare gli aiuti europei il numero uno di Fincantieri ha un’idea precisa: «Da cinquant’anni aiutiamo aziende che meriterebbero invece di essere chiuse. Sono preoccupato perché qui si parla solo di finanza. Ma ciò che manca sono soprattutto i progetti e le risorse umane di cui non si vuole parlare sebbene sia questo uno dei fattori più importanti della crescita del Paese. Fincantieri non ha mai avuto contributi dallo Stato ed è diventato il gruppo industriale più importante in Italia capace di costruire in poco tempo un manufatto come il ponte Morandi».

Per capire in primo luogo dove indirizzare lo sviluppo del Paese Bono indica i settori produttivi primari: agricoltura, commercio, industria, logistica, artigianato. In questo scenario ripete che al Paese manca una cultura del lavoro: «Abbiamo tolto valore simbolico al lavoro manuale e a quello operaio. Ci vuole una vera rivoluzione culturale nel nostro sistema economico valorizzando il lavoro e pensando al futuro dei nostri giovani».

Ma il lungo negoziato sul Recovery Fund avviene in una fase di profonde contrapposizioni all’interno dell’Europa. Su questo riflette Sapelli che s’interroga sulle diverse anime dell’Europa «potenza incompiuta e priva di una Costituzione premessa dello Stato di diritto». L’economista è scettico su un’Europa dove solo la Banca centrale ha un ruolo politico nel governare l’inflazione e denuncia l’inefficienza della burocrazia europea: «Come si fa a varare il Recovery Fund se, una volta fatti i piani, questi vanno approvati da ben 27 parlamenti nazionali?».

Sapelli alla fine della conversazione condotta dalla giornalista del Sole 24 Celestina Dominelli e dal direttore dell'ufficio studi della Rai Andrea Montanari, ha ricevuto da Bono (fra i due c’è un’amicizia ultradecennale) un premio alla carriera voluto dal gruppo triestino (premio Fieri) per chi si è distinto in ambito professionale. Le biografie dell’economista e del manager si sono così incrociate con molti racconti inediti.

Lo storico e economista ha rievocato gli anni triestini e la sua giovinezza a Torino, dai primi passi all’Olivetti fino all’avvio della carriera accademica. Sono i tempi in cui anche Bono studiava economia e commercio a Torino (città scelta per la fede juventina, ha svelato) mentre lavorava in una società del gruppo Fiat. Sapelli ha raccontato i retroscena della sua candidatura a premier di un governo pentastellato dove avrebbe voluto ministro dell’Economia Domenico Siniscalco.




 

Riproduzione riservata © Il Piccolo